PF: la consulenza sembra ancora un miraggio, ma il settore non torna indietro

Il sasso gettato nello stagno dal presidente della Consob, Lamberto Cardia, con la sua apertura alla consulenza “fee only” e la richiesta alle banche affinché si arrivi ad adottare architetture distributive aperte e legare la remunerazione non al prezzo del bene venduto ma al valore della prestazione fornita al cliente agita il dibattito all’interno dei lettori di Bluerating. 

 

Da un lato alcuni si continuano a dichiarare quanto meno scettici: “Ma non vedete che è una professione ridicola (quella di promotore finanziario, ndr), non si può fare questa professione se non sei ricco, si muore di fame” si lamenta uno di loro che dichiara “responsabili tutte le reti delle malefatte che stanno accadendo ai PF” e conclude: “vedete quanti ne radiano ogni giorno, una novità. State portando i PF a rubare e fare gesti inconsulti”. 

 

Dall’altro lato c’è chi apprezza le novità e trova che siano un segno dei tempi: “Il tempo della promozione finanziaria volge al termine, sta nascendo il tempo della consulenza fee-only” dichiara uno di questi. “Il mondo non torna indietro. I PF che lo capiscono e si convertono in tempo avranno successo, quelli che non lo capiscono finiranno come i dinosauri: estinti” conclude senza esitazioni il nostro lettore. Anche se in una realtà culturalmente variegata come quella italiana e nel complesso poco preparata almeno a livello di mass market, non è detto che le prospettive di un professionista che scelga di abbracciare la consulenza possano essere uguali da Nord a Sud, da Est a Ovest.

 

“Ma quale parcella,qui in Sicilia i clienti non pagano ne avvocati nè commercialisti, figuriamoci se pagano i PF” sentenzia preoccupato uno nostro utente, opinione cui si contrappongono quelle più fiduciose di chi nota che con l’apertura alla consulenza “fee only” “si potrà scegliere se pagare i costi della distribuzione o i costi per una pianificazione finanziaria personale attraverso strumenti finanziari efficienti e trasparenti”, il che aggiungiamo noi è certamente una scelta importante.

 

Piuttosto si tratterà di capire se e come i PF potranno fare “consulenza vera, quella indipendente”, cosa che alcuni nostri lettori giudicano improbabile dato che “altrimenti non venderebbero più quasi nulla, con conseguente crollo dei ricavi, profitti e bonus”. Anche in questo caso naturalmente il dibattito è aperto e subito c’è chi fa notare che “tale figura professionale (quella del consulente, ndr) già esiste, perché crearne altre: basterebbe perfezionare e dotare i promotori finanziari di un vero contratto di lavoro e non di un mero mandato di agenzia”. 

 

Un’obiezione condivisa anche da chi dubita che “il cliente accetti di pagare una fee al consulente, oltre alle commissioni sui prodotti di investimento che comunque deve continuare a pagare” visto che non sarebbe comunque facile dimostrargli “che se avesse fatto di testa sua sarebbe stato peggio”, tanto più in fasi come quella attraversata nel 2008 con mercati in forte calo quasi ovunque e un’ondata di default, ma anche con l’alternativa ben misera, nel caso non si voglia rischiare, di “accettare un tasso di mercato su titoli di stato che è ridicolo”.

Certo, con uno scenario macroeconomico e di mercati come quello attuale vendere la consulenza non sembra un gioco da ragazzi e d’altra parte la categoria dei PF da tempo reclama un adeguamento del quadro normativo che consenta di non dover puntare unicamente sui proventi legati all’attività di collocamento e di poter giungere al plurimandato.

 

Vero è che qualcosa sembra finalmente muoversi, purché come sottolinea Giovanni, uno dei nostri lettori, alle “bellissime parole” ci si creda e si agisca di conseguenza, ognuno per la propria parte, dalle Autorità di mercato agli intermediari per arrivare ai professionisti (e alla loro clientela). Fateci avere come sempre i vostri commenti al riguardo, inviandoli qui

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