Solvency II, sulla clientela l’impatto è assicurato

È ancora prematuro parlare dell’impatto che l’introduzione di Solvency II (la direttiva che introduce differenti margini di solvibilità per le compagnie assicurative, ndr) potrà avere sui conti delle compagnie assicurative, seppure si riscontra un certo allarmismo in tutta Europa. Infatti la CEA, federazione che riunisce 33 associazioni nazionali delle imprese in Europa, ha pubblicato un rapporto sugli effetti che le nuove regole di vigilanza potrebbero avere sull’industria assicurativa.

E a tremare non sono soltanto le compagnie. In particolare il presidente del Comitato europeo delle assicurazioni Tommy Persson ha evidenziato che gli effetti “saranno negativi anche per i consumatori”. Rispetto a Solvency I, infatti, si introducono differenze sostanziali. “A differenza di quanto stabilito con Solvency I, dove il calcolo del margine di solvibilità era molto semplice, in quanto considerava i prodotti alla stessa stregua, in questa fase si è introdotta la specifica che i prodotti assicurativi sono diversi tra loro e quindi necessitano di garanzie differenti” spiega Giorgio Marchegiani, partner di Oliver Wyman. In pratica “le nuove regole determinano il passaggio da logiche di valutazione prudenziale a principi Fair Value” dichiara Alessandro Ghilarducci, director di Deloitte Consulting.

A questo punto nasce la problematica di capire come le compagnie debbano calcolare questo requisito di solvibilità e che metodologia utilizzare. Dalle simulazioni che le compagnie hanno già effettuato emerge che il nuovo requisito di solvibilità comporterà un aggravio del totale degli accantonamenti necessari, con inevitabili ripercussioni sui costi dei prodotti assicurativi. “Questo aumento (degli accantonamenti, ndr) si manifesterà necessariamente in una diminuzione della redditività del capitale per gli investitori e quindi nel medio lungo termine in una minore capacità del settore di attrarre capitali” spiega il director di Deloitte Consuting. Non solo, ma anche in “un aumento di prezzi dei prodotti assicurativi che potrebbe indurre a minori acquisti di protezione assicurativa o a compensare la maggiore spesa per coperture assicurative con una minore spesa per altri prodotti” sottolinea Ghilarducci.

E infine “un maggior trasferimento del rischio dagli assicuratori verso gli assicurati o una minore offerta di copertura assicurativa” conclude il director di Deloitte Consulting. Opinione condivisa anche da Marchegiani. “Potrebbe succedere che dal calcolo del requisito patrimoniale risulti che il capitale non sia sufficiente: questo implicherebbe un aumento di capitale, che andrebbe comunque remunerato e che quindi si potrebbe ripercuotere sul prezzo dei prodotti”. Per la gioia dei consumatori finali.

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