Il risiko finanziario riparte da Veneto Banca

Uovo di Pasqua da parte di Veneto Banca, che annuncia l’acquisizione del controllo di Banca Intermobiliare, intermediario storicamente legato alla famiglia di agenti torinesi Segre, destinato a confluire nel gruppo Veneto Banca attraverso la fusione per incorporazione di Cofito, holding controllante dell’istituto con il 52% del capitale in Veneto Banca Holding. 

 

Dopo la fusione, hanno annunciato oggi le tre società coinvolte, Veneto Banca Holding lancerà, entro fine anno, un’Opa obbligatoria sulle azioni di Bim a 4,25 euro per azione, in contanti. Dopo l’Opa Pietro D’Aguì, che rimarrà amministratore delegato di Bim, acquisterà da Veneto Banca Holding il 10% del capitale della banca, mentre Mi.mo.se., holding dei Segre socia di Cofito con il 15%, ha già fatto sapere che non intende aderire al progetto di fusione e che pertanto intende esercitare il diritto di recesso.

 

Prosegue dunque il risiko nel settore finanziario italiano e c’è da scommettere che non si fermerà qui, visto che già Pier Francesco Saviotti, numero uno di Banco Popolare, ha fatto sapere che il gruppo intende fare cassa dismettendo alcune partecipazioni non strategiche come Caripe, per la quale sarebbero già state avviate trattative con i potenziali acquirenti.

 

Segnali che se non altro paiono confermare una certa vitalità ritrovata da un settore che ha resistito alla crisi dell’ultimo biennio meglio che in altri paesi ma non per questo è rimasto immune da qualche danno e da un generalizzato raffreddamento d’entusiasmo da parte della clientela soprattutto per quanto riguarda le attività di investimento e di asset management (nonostante qualche segnale positivo venga sottolineato puntualmente da alcuni mesi tanto da Assogestioni quanto dalle principali reti distributive italiane).

 

A fronte di questo attivismo i commenti dei lettori di Bluerating si sono incentrati di recente sulle modifiche necessarie per far ripartire l’attività dei promotori finanziari e dei consulenti indipendenti. La discussione ha visto prevalere una certa unanimità di consensi sull’importanza che si imponga in modo chiaro una rinnovata attenzione all’educazione finanziaria della clientela oltre che degli intermediari stessi.  Quel che resta da capire è “chi la dovrebbe erogare ? E a spese di chi? Con quali “garanzie” di corretta informazione per il consumatore ?” come si chiede un nostro utente.

 

Domande legittime, cui qualcuno risponde almeno in parte osservando come “L’educazione finanziaria ormai e una realtà” che necessita solo di essere finanziata, “magari con una parte dei soldi che le istituzioni finanziarie spendono per la pubblicità”. Tra l’altro, ricorda un altro nostro lettore, “E’ stata presentata in Senato una norma UNI come quella per la consulenza, che valuta la correttezza dell’educazione finanziaria”. 

A questo punto, insomma, occorre “solo la volontà politica” perché si passi dalle parole ai fatti, accompagnando il ritrovato interesse di alcuni intermediari per il settore con una maggiore attenzione alla tutela del risparmio.

 

E voi pensate che il 2010 possa essere l’anno giusto per la riforma? Il riaccendersi del risiko in atto nel settore e i recenti risultati elettorali, con la Lega che potrebbe presto presentare il conto a livello di rappresentanza nelle Fondazioni e attraverso esse condizionare i modelli organizzativi adottati dai principali gruppi creditizi del paese peseranno sul settore? E se sì favoriranno una ripresa dello stesso e dell’attività di promotore o di consulente, o rischiano di creare ulteriori ostacoli alla stessa? Inviate come sempre i vostri commenti qui.

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