Deri-devil o Deri-angel?

di Giuseppe G. Santorsola

1) i derivati sono un prodotto standardizzabile oppure necessariamente da accostare, rispetto al cliente, al suo rischio e ai suoi tempi ed orizzonti? Come è statisticamente possibile una così sproporzionata condizione a favore dei contraenti clienti? Come è possibile che i contratti siano esattamente identici per tutti i clienti nello stesso momento temporale e ciò fin dal 2000?
2) Imprese ed enti locali sono operatori istituzionali o retail (secondo la classificazione MiFID) e meritano, oppure no, tutela informativa? Gli enti locali si sono dedicati ai contratti derivati su sollecitazione (o solo inducement) delle banche o per loro scelta in conseguenza degli effetti finanziari del piano di stabilità e delle ristrettezze del bilancio pubblico?
3) È funzionalmente valida l’impostazione contabile (IAS 39) relativa al trattamento immediato in conto economico degli introiti delle banche? Ha forse sollecitato taluni intermediari a suggerire operazioni per proprie esigenze di bilancio o di rendiconti periodici?
4) Quale significato possiamo assegnare all’intervento del Financial Times in difesa della ortodossia contrattuale nel caso del processo Comune di Milano-banche straniere? In altre occasioni quel giornale non è stato affatto “tenero” con gli intermediari finanziari. Sono forse stati cupidi o ingordi gli enti e le imprese che si sono impegnate firmando quei contratti?
5) Le filiali o le società delle banche estere sono modeste entità in Italia, ma rilevanti nel paese d’origine: come valutare il loro comportamento e soprattutto la sottoposizione al procedimento penale? È funzionale richiedere loro modelli organizzativi compliant alle singole normative nazionali per evitare di cadere in Italia nell’ambito del D.Lgs 231/2001?
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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