Goldman Sachs, un esempio da imitare o un danno per il settore?

Goldman Sachs continua a macinare utili: il primo trimestre dell’anno si è chiuso per il colosso di Wall Street con 3,3 miliardi di dollari di utile netto contro gli 1,66 miliardi di un anno prima, ovvero 5,59 dollari per azione contro i 4,16 dollari previsti dal consensus degli analisti, mentre i ricavi salgono a 12,78 miliardi (+44% su base annua). 

 

Messi così i numeri in fila appare chiaro che la crisi finanziaria più violenta di questi ultimi 70 anni un vincitore l’ha decretato e mentre alcuni come AIG, Citigroup, Royal Bank of Scotland, ING, Fortis e decine di altri “grandi nomi” tra banche, assicurazioni e intermediari finanziari negli Stati Uniti come in Europa hanno dovuto far ricorso agli aiuti di stato per sopravvivere (e in alcuni casi non saranno in grado di rimborsarli completamente ancora per qualche anno) proprio Goldman Sachs, insieme a uno sparuto manipolo di altri colossi finanziari, è uscita a testa alta dal 2009 ed ha iniziato anche il 2010 sotto i migliori auspici, guadagnando ulteriori quote di mercato.

 

Ma la doppia indagine in corso da parte di Sec e Fse (e non è detto che qualche altra autorità garante dei mercati non si muova a sua volta) riguardo alla vicenda legata al Cdo Abacus 2007 e ai probabili conflitti d’interesse tra alcuni operatori come la società di gestione di fondi hedge Paulson & Co. e gli altri investitori cui Goldman Sachs ha venduto il derivato due anni or sono, rischia di decretare il “fallimento morale” del colosso di Wall Street, come ha già tuonato il premier inglese Gordon Brown. Offrendo la sponda ideale per chi, a partire da Barack Obama, vuole regolamentare mercati, banche e derivati in modo più severo per evitare il possibile ripetersi della crisi appena alle spalle anche in un futuro non troppo lontano.

 

Un rischio che non sembra turbare i sonni dei banchieri italiani, che pure in alcuni casi non hanno esitato, al pari dei loro colleghi esteri, a spingere il collocamento e l’intermediazione di strumenti derivati non sempre comprensibili ai clienti. Una ennesima spada di Damocle sulla testa del comparto e dell’attività dei promotori finanziari, che per primi debbono poi confrontarsi con la clientela stessa, o l’occasione per fare piazza pulita di troppe situazioni equivoche che se a breve termine possono portare profitti anche elevati rischiano a medio-lungo termine di allontanare definitivamente i risparmiatori da tutto ciò non siano titoli di stato o al massimo qualche fondo comune.

 

Che peraltro, e i PF che frequentano le pagine di Bluerating l’hanno detto tante volte, non sono a loro volta immuni da difetti a partire da costi non sempre in linea con le performance che si è stati in grado di generare nel concreto. Così la domanda che vi rivolgiamo stasera è: Goldman Sachs è un modello a cui ispirarsi o un esempio di qualcosa che va contro gli interessi del settore stesso? Un tema su cui le vostre riflessioni saranno preziose e che si presta a parallelismi con gruppi operanti in Italia da tempo sotto i riflettori. Inviate come sempre i vostri commenti qui

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