Risparmio gestito: in futuro più ETF e trasparenza nella remunerazione dei manager

E se il futuro del risparmio gestito passasse per una diffusione sempre maggiore di prodotti a gestione passiva, fondi indicizzati e ETF in grado di replicare a costi contenuti l’andamento dei principali indici dei mercati azionari e obbligazionari? L’idea non è nuova ed anzi anche in Italia da tempo alcuni esperti sostengono che sempre più in futuro il mercato si dividerà tra grandi “supermarket” della finanza in grado di offrire di tutto di più, per i quali gli ETF costituiranno uno degli assi portanti dell’offerta, e piccole boutique in grado di offrire prodotti e servizi ad elevato valore aggiunto, questi sì caratterizzati da uno stile di gestione attiva dal profilo di rischio più o meno elevato.

 

Negli Stati Uniti quello che in Italia sembra ancora un’ipotesi più o meno lontana nel tempo sembra ormai una realtà, se si guardano ai risultati diffusi oggi da BlackRock, che dopo aver acquisito le attività di Barclays Global Investors nel dicembre scorso è ormai la più grande società di gestione al mondo. Ebbene BlackRock ha chiuso i primi tre mesi dell’anno con utili balzati a 423 milioni di dollari (oltre 5 volte gli 84 milioni segnati nei primi tre mesi del 2009) ed una raccolta netta che ha visto gli ETF guadagnare 4,6 miliardi di dollari, contro i 900 milioni raccolti dai fondi azionari a gestione attiva. Il quadro si completa con la raccolta netta negativa, di 8,8 miliardi, per i fondi quantitativi, mentre sul fronte obbligazionari alla raccolta netta positiva di 13,6 miliardi per ETF e fondi indicizzati si contrappone una fuoriuscita di 14,4 miliardi dai fondi a gestione attiva.

 

Naturalmente per i promotori finanziari la ridefinizione dell’offerta da parte delle emittenti (sempre più concentrate in pochi gruppi di grandi dimensioni accanto a qualche nuova piccola boutique finanziaria) avrà anche riflessi, sic stantibus i sistemi retributivi, sulle prospettive reddituali. Ed allora è interessante segnalare come secondo Stefano Mieli, responsabile della Vigilanza di Bankitalia, i sistemi retributivi restano una leva competitiva fondamentale anche per gli intermediari finanziari. Di più: “politiche di remunerazione non compatibili con i profili di rischio dell’intermediario e orientate al raggiungimento di obiettivi di breve periodo” ha ricordato lo stesso Mieli, “incidono negativamente sulla stabilità degli intermediari e del sistema finanziario nel suo complesso”.

 

Un segnale rivolto da Bankitalia all’Abi che visto anche il mutato scenario di mercato difficilmente resterà lettera morta, nonostante si scontri con evidenti interessi corporativi. Per i PF un dibattito da seguire con attenzione, viste le possibili ricadute sia a livello remunerativo sia, verosimilmente, a livello operativo. Quali saranno secondo voi i tempi e le soluzioni che si prospetteranno? Avete il sentore che nella vostra società qualcosa si stia già muovendo, o notate solo resistenze da parte dei vertici delle varie strutture ad una riforma che per il bene del sistema potrebbe incidere nelle tasche di qualcuno? Come sempre inviate qui i vostri commenti

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