Nella “tragedia greca” si susseguono i colpi di scena

La “tragedia greca” come la chiamano gli Americani, non appassiona più che tanto Wall Street, dove i gestori di fondi comuni segnalano che non vi sono riscatti e che torna a concentrarsi sui numeri delle trimestrali in attesa della conferma da parte del Fomc, in serata, dei tassi agli attuali livelli (magari con qualche indicazione sul giudizio della Federal Reserve in merito agli ultimi dati macroeconomici). Se di rialzare i tassi non parla nessuno al di là dell’Atlantico, qui in Europa ogni possibile decisione in tal senso sembra rinviata sine die, visto che oggi i listini hanno perso sino al 3% e i bond hanno segnato nuovi ribassi dopo il downgrade giunto ieri da parte di Standard & Poor’s per Grecia e Portogallo.

 

Uno strano spettacolo davvero quello che va in onda in questi giorni sui mercati finanziari (in particolare, ma non solo, del vecchi continente): da un lato è evidente che Atene ha truccato i conti e a nessuno dei paesi membri piace l’idea di dover mettere mano al portafoglio per togliere le castagne dal fuoco al governo greco, dall’altra si cerca come sempre in questi casi qualche facile capro espiatorio, qualche “speculatore” su cui gettar la croce di quanto sta accadendo. La realtà è che la situazione è grave e rischia se non di affondare quanto meno di indebolire seriamente l’euro, ma che occorrerà tempo per porvi rimedio. 

 

Lo hanno spiegato oggi gli esperti del Fondo monetario internazionale ai parlamentari tedeschi a Berlino, sottolineando che occorreranno tre anni di aiuti finanziari ad Atene, per complessivi 120 milioni di euro, prima di uscire dalla crisi attuale. Una cifra di quasi tre volte superiore a quanto finora ipotizzato (45 miliardi di euro di cui 30 miliardi a carico della Ue e 15 a carico del Fmi) e che potrebbe spingere la Germania a superare le attuali resistenze nella concessione dei primi e più immediati aiuti già dal 7 maggio prossimo (quando alla Camera bassa del parlamento di Berlino è all’ordine del giorno un voto sul pacchetto di aiuti, come confermato dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble). 

 

Il problema, sintetizzano alcuni operatori, è capire ora cosa significhi questo nuovo colpo di scena per altri paesi “a rischio” come il Portogallo, i cui titoli di stato restano per ora sui livelli depressi di stamane. Anche perché già è difficile ipotizzare in concreto come finanziare gli aiuti di cui parla l’Fmi, tanto meno sarebbe fattibile varare ulteriore pacchetti per gli altri “PIIGS” se non al rischio di fare esplodere una vera e propria “guerra tra poveri” in tutta Europa (che per ritardi e carenze infrastrutturali già non ha di fronte a sé una prospettiva di ripresa particolarmente esaltante nel prossimo triennio). 

 

In aggiunta a tutto questo il rischio è che vi possano essere ulteriori downgrade da parte delle agenzie di rating, società private che operano da anni in una situazione davvero poco trasparente di oligopolio e con sospetta collusione con alcuni operatori finanziari (in fin dei conti gli emittenti pagano le agenzie per ottenere un giudizio sul proprio merito di credito). Siamo insomma ad un “bis” storico di quanto accaduto già anni fa ai tempi della scoperta dei bilanci truccati di Enron o Parmalat: i controllori che dovevano garantire dell’affidabilità dei numeri si sono rivelati a loro volta poco affidabili e soggetti a gravi conflitti d’interesse.

 

Di fronte a questo stato di cosa molti lettori di Bluerating paiono impegnati a calmare gli animi di piccoli e grandi investitori, cui certo non giova tutta la confusione mediatica che si sta facendo attorno alle vicende dei paesi periferici (e poco virtuosi) d’Europa. Vogliamo dunque chiedervi: a vostro parere la trasparenza, nei rapporti come nella gestione degli strumenti e dei servizi collocati, farà premio, o in questi casi non c’è nessun distinguo possibile e l’unica strategia valida è quella di lasciar passare la tempesta? Inviate qui come sempre i vostri commenti

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