Braccio di ferro coi mercati

Fare a braccio di ferro coi mercati è un’operazione pericolosa, specialmente se qualcuno dall’altra parte soffia sul fuoco e, come Moody’s, dopo aver “preannunciato” ulteriori downgrade per paesi come Grecia e Portogallo ripete la stessa operazione a livello di banche europee, certamente molto cariche di titoli PIIGS (in particolar modo gli istituti e le compagnie assicurative francesi e tedesche), redditizi ma in questo momento esposti alle intemperie. Ci ha provato, senza vincere per ora la sfida, il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet che oltre ad aver lasciato i tassi invariati (come scontato, visto che gli analisti prevedono che anzi i tassi non potranno alzarsi ancora per lungo tempo per evitare di aggravare la situazione), oggi ha escluso in conferenza stampa di voler procedere ad acquisti di titoli di stato (come invece fatto nei momenti di massima crisi lo scorso anno dalla Federal Reserve e dalla Bank of England).

Risultato: ad analisti e gestori è parso ancora una volta che le autorità europee vadano “a rimorchio” dei mercati e tentino semplicemente di limitare i danni della crisi, senza riuscire per ora ad aggredire il problema alla radice. In queste condizioni, e con una strategia comunicativa a dir poco devastante che ha portato alcuni dei massimi esponenti politici ed economici del vecchio continente a sottolineare con forza il “rischio contagio” proprio nelle ultime ore, dopo aver cercato per settimane di far finta che il problema non esistesse o riguardasse solo la “piccola” Grecia, gli investitori non hanno avuto esitazioni, scaricando senza remore i titoli finanziari di tutta Europa, con vendite così insistenti da far sospendere per eccesso di ribasso a Milano titoli come UniCredit e Intesa Sanpaolo (che hanno poi chiuso rispettivamente a -11,15% e a -8,61%).

Ma dalla grandinata di vendite non si sono salvati neanche altri “bei nomi” come Mediobanca (-8,54%), Ubi Banca (-7,48%) o Mps (-7,13%), quasi a ribadire che i mercati non guardano al “colore” politico o alle dimensioni degli istituti, quanto piuttosto alla competenza del management e quindi alla maggiore o minore rischiosità dell’investimento in tali aziende di credito. Non sarà allora un caso che tra i pochissimi titoli oggi salvatisi dal rosso si noti Azimut, che pure non sembra aver potuto godere dei numeri di Assogestioni relativi alla raccolta del sistema fondi nel mese di aprile (per quanto positivi per la società di Pietro Giuliani). Forse, come suggeriscono alcuni lettori di Bluerating, il “modello Azimut” è quello vincente, in quando in grado di coniugare innovazione, autentici professionisti e valore per la clientela. Tre caratteristiche che le agenzie di rating, pronte a coprire le “malefatte” delle varie Lehman Brothers e Goldman Sachs salvo accanirsi contro i loro concorrenti europei, sembrano non possedere.

E voi come la pensate? Fateci avere come sempre i vostri pareri, inviandoli qui: Bce  – tassi invariati, non acquista debito.

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