L’emozione inganna

di Silvio Bencini

Una recente pubblicazione della Consob offre interessanti spunti di riflessione sul ruolo del consulente finanziario. Lo studio, di cui è autrice Nadia Linciano, è un’ottima e completa sintesi della letteratura sulla cosiddetta “finanza comportamentale” ma contiene, soprattutto, un’indicazione della discussione in corso all’interno dell’Organismo di Vigilanza sulle prospettive della nuova professione definita dalla MiFID. Come è noto la “finanza comportamentale” parte dalla constatazione che gli investitori non si comportano come previsto dalla “finanza classica”, quanto meno a livello individuale, e così facendo ottengono risultati talvolta peggiori di quanto non accadrebbe altrimenti. Gli studiosi e le autorità di vigilanza hanno individuato tre aree di intervento possibili per ridurre le distorsioni comportamentali: l’educazione dell’investitore; gli obblighi di informazione; la consulenza finanziaria.
L’investor education sembra più praticabile e di maggiore impatto in ambiti più semplici dell’investimento finanziario, come quelli dell’indebitamento (dove semplici nozioni di matematica finanziaria fanno una grande differenza); gli obblighi di consegnare all’investitore sempre maggiori quantità di informazioni “non aumentano le capacità di analisi e di scelta, potendo per contro generare il cosiddetto information overload, ossia l’incapacità da parte dell’individuo di impiegare il tempo e le competenze necessari per l’elaborazione delle informazioni a sua disposizione”. Qui entra in gioco il consulente, che con la sua competenza ed esperienza è in grado di scegliere le informazioni rilevanti per il suo cliente e di aiutarlo a muoversi in modo “comportamentalmente meno sbagliato” nei suoi investimenti.

Trovi tutti gli approfondimenti
sul mondo della consulenza
su Advisor.
Tutti i mesi in edicola.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: