Banche e PF: vince ancora l’omertà o va prevalendo la trasparenza?

Un argomento solo sfiorato dalla cronaca ma che sembra interessare molti lettori di Bluerating riguarda i controlli che vengono effettivamente svolti dalle società mandanti sull’operato dei propri promotori finanziari. Il tema è certamente importante e potrebbe stupire la scarsa attenzione solitamente rivolta al tema dalla grande stampa italiana, se non fosse che molto spesso la grande stampa vede tra i suoi azionisti o tra gli inserzionisti pubblicitari di rilievo molte banche e compagnie assicuratrici che, guarda caso, risultano anche ai vertici del settore del risparmio gestito nel Belpaese.

 

Difficile dunque trattare un argomento oggettivamente insidioso e attorno al quale ogni società cerca di mantenere comprensibilmente il massimo riserbo, ciò non di meno molti di voi leggendo delle denuncie alla Consob e delle successive sospensioni o radiazioni di questo o quel professionista si domandano, come fa un “responsabile di zona”, cosa accada “alla banca, se un responsabile denuncia alla sua banca il comportamento scorretto da parte di un suo promotore coordinato, ma ovviamente con mandato della banca”. Comportamento scorretto che può essere costituito da “rendimenti garantiti dal promotore alla clientela, rendicontazioni false ove anche temporanee caso morte vengono inserite negli investimenti e capitali raggiunti, firme in fotocopia sulle disposizioni e tanto altro”.

 

Se la banca “invia (informando prima il promotore) un controllo interno, verifica che tutto quanto denunciato dal manager è vero, ma non prende alcuna decisione in merito e non denuncia la cosa alla Consob, forse perché il promotore ha un grosso portafoglio, ma si limita a comunicare al promotore non in regola di farsi un’autoverifica di tutte le altre posizioni non controllate e se trova anomalie di comunicarle alla banca, cosa rischia la banca” medesima? Fuor di retorica un potenziale conflitto d’interesse emerge con tutta evidenza lì dove possano esistere margini di discrezionalità nell’effettuare controlli ed eventuali successive denuncie alle autorità in caso di comportamenti dolosi.

 

Voi che ne pensate? Le banche sono ancora “sensibili” al possibile danno di immagine al punto da preferire soluzioni più discrete come l’allontanamento, senza però denuncia, del professionista “colpevole” e l’eventuale rimborso dei danni subiti dalla clientela? O si sta facendo strada una cultura che mira a tutelare gli interessi della clientela anche attraverso una maggiore trasparenza per quanto attiene all’operato dei propri dipendenti e promotori, nonché dell’attività di ispezione e controllo sugli stessi? Inviate come sempre le vostre riflessioni qui.

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