G20 di Toronto: banche sotto i riflettori

Il conto alla rovescia è iniziato: col G20 di Toronto, in corso nel fine settimana, Stati Uniti e Unione Europea dovranno mettersi d’accordo una volta per tutte su due temi chiave del “dopo-crisi”, le nuove regole del settore del credito (e dei derivati e altri strumenti “a rischio” come i fondi hedge) e l’eventuale introduzione di una tassazione sul settore finanziario. Barack Obama da parte sua vi arriva dopo un rush finale che sembra aver fruttato, in queste ore, il sostanziale via libera da parte dei rappresentanti di Camera e Senato alla riforma finanziaria voluta dall’amministrazione e che con la “Volcker rule” prevede non solo una più netta separazione dell’attività di investment banking e in particolare degli investimenti “alternativi” da quella di banca commerciale, ma anche una serie di oneri fiscali che dovrebbero tradursi, per le banche con oltre 50 miliardi di dollari di investimenti in asset a rischio e i fondi hedge con patrimoni superiori ai 10 miliardi, in 19 miliardi di maggiori costi, da spalmare probabilmente sull’arco dei prossimi 7 anni.

 

Un successo importante, di fatto la più profonda riforma del settore dai tempi della Grande Depressione, che però non riscuote particolari consensi in Europa, dove invece l’accento viene posto in queste ore sulla necessità di ricapitalizzazione degli istituti del vecchio continente, alle prese secondo varie fonti con una prossima nuova ondata di svalutazioni. Segnali in tal senso li hanno lanciati oggi sia la Banca d’Inghilterra sia la banca centrale austriaca, entrambe peraltro dicendosi fiduciose che gli istituti nazionali sapranno superare questo nuovo test. E di (stress) test si continua a parlare vuoi perché iniziano ad emergere i primi dati, vuoi perché secondo alcuni anche le Cajas spagnole e le Landesbank tedesche, finora escluse, potrebbero presto essere oggetto di un’indagine i cui risultati servirebbero ad ampliare l’operazione “trasparenza” fortemente voluta dai paesi del Nord Europa per rassicurare i mercati circa le virtù di Eurolandia “nonostante” i conti poco o per nulla attendibili di molti paesi dell’Europa del Sud e segnatamente Grecia, Portogallo, Spagna e Italia.

 

Nel Belpaese si vive una situazione bizzarra, con Confindustria che esulta per la fine della crisi e il ritorno alla crescita, Confcommercio che lamenta ulteriori cali dei consumi (persino di quelli alimentari) e tutti, imprese e banche, che chiedono di evitare ogni forma di tassazione “indiscriminata” che rischierebbe (visto la scarsa concorrenza che caratterizza anche il settore finanziario in Italia la previsione pare in troppo semplice da fare) di essere scaricata dalle banche sulle spalle di famiglie e imprese clienti. Piuttosto, suggerisce il numero uno di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, si può tornare a parlare di una “mini-tassa” sulle transazioni finanziarie, purchè “non distorca il mercato ma sia messa in maniera livellata su tutte le attività” così da dare “un contributo alle casse pubbliche”. Quasi a dire: meglio un obolo oggi che un prelievo forzoso domani. E voi che ne pensate, nuove regole, tasse e manovre varie possono incidere sulla vostra attività e sulla propensione a investire dei vostri clienti? O semplicemente fanno sorgere nuove esigenze per servizi e prodotti più adeguati alle prospettive correnti? Indirizzate come sempre i vostri commenti qui

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