No alla vendita forzata

di Silvio Bencini

Se si esclude la comunità dei “traders on line”, ancora oggi gran parte degli individui che si rivolgono all’industria dei servizi finanziari lo fa tramite rappresentanti (“agenti”) di questa industria i quali non sempre sono nelle condizioni di offrire la consulenza migliore e disinteressata. Al problema del “Misselling through Agents”, e cioè delle forzature nell’attività di vendita di servizi finanziari da parte di agenti, è dedicato un recente articolo, molto teorico ma molto ricco di spunti di riflessione, scritto da due studiosi, Inderst R. e Ottaviani M., che applicano modelli della microeconomia e della teoria dei giochi al rapporto fra consulente e cliente.

Nel mondo semplificato descritto nell’articolo trovare nuovi clienti o coltivare gli esistenti richiede impegno, e quando si è finalmente alla conclusione della trattativa la tentazione di vendere comunque un prodotto inadeguato pur di massimizzare i ricavi può superare qualsiasi altra considerazione. Intorno a questa affermazione, di per sé banale, si sviluppano una serie di considerazioni e proposte interessanti. Sulla struttura della remunerazione, il modello conclude che è necessario trovare un equilibrio fra remunerazione fissa e remunerazione variabile. Quella fissa serve come aiuto a non vendere a tutti i costi (tanto sono remunerato comunque) e come deterrente a non vendere male (se no perdo il posto).

Quella variabile serve a mantenere lo stimolo a coltivare i clienti esistenti o a cercarne di nuovi. Poiché nel modello il timore di ricevere un consiglio sbagliato riduce la disponibilità a pagare del cliente, gli intermediari avrebbero un beneficio dal rassicurare il cliente sulle loro “buone intenzioni”, sia rendendo nota la remunerazione dei loro agenti, sia prevedendo che gli agenti restituiscano le commissioni ricevute a fronte di affari che danno luogo a reclami e danni pagati dall’azienda.

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