Banche: paese che vai, problemi che trovi

Paese che vai, problemi (bancari) che trovi: negli Stati Uniti in questi giorni cresce la polemica per l’ennesimo scandalo legato ai grandi gruppi di Wall Street, accusati di aver “montato” ad arte una serie di procedure irregolari per poter più facilmente effettuare pignoramenti di immobili i cui mutuatari erano in difficoltà col puntuale pagamento delle rate mensili (Allan Sloan sul sito della Cnn oggi intitola un editoriale dedicato alla ripresa dei pignoramenti da parte di Bank of America, Gmac e a breve Jp Morgan: “Volete farla franca con l’omicidio? Diventate una banca”), accusa che le dirette interessate respingono con sdegno dichiarando anzi che ormai si è “passato il segno” con continue indagini e inchieste che finora non hanno accertato altro che una serie di imprecisioni nella compilazione delle richieste di “foreclosure” ma nessuna grave irregolarità. 

 

Sull’argomento si pronuncerà ufficialmente la Fed entro la fine di novembre, come già ieri Ben Bernanke ha fatto sapere (senza invece dire nulla riguardo l’intenzione di tornare o meno a riacquistare titoli di stato per cercare di sostenere una ripresa che non pare in grado di riassorbire una disoccupazione destinata a rimanere sopra il 9% ancora per tutto l’anno venturo). Intanto in Italia l’ufficio studi di Mediobanca nel consueto rapporto annuale sul settore creditizio relativo all’anno passato fotografa una situazione non certo brillante: i crediti concessi a imprese e famiglie da parte delle banche tricolori sono in calo dello 0,9% rispetto al 2008, a quota 1.965 miliardi di euro, mentre i crediti dubbi fanno un balzo all’insù del 66,1%, a 111,8 miliardi. Vale a dire che per ogni 100 euro prestati le banche italiane sanno che ne torneranno indietro (interessi esclusi) circa 94,3.

 

Naturalmente ogni banca fa caso a se è scorrendo la classifica di Mediobanca si notano differenze anche consistenti in termini di Roe (Return on equity): le piccole banche sembrano in generale fare meglio, con CR Firenze (gruppo Intesa Sanpaolo) che segna un Roe del 38,5%, Banca Aletti (Banco Popolare) del 37,5% e Banca Generali (Generali ) del 31,5%. Numeri che non possono che provocare l’invidia di Banca Fideuram, che deve “accontentarsi” del 22,6%, appena davanti a Banca Akros (22,4%), livelli peraltro ancora ben distanti dal Roe medio del comparto creditizio che l’Abi aveva certificato essere calato al 4% a fine 2009 dal 5,3% del 2008, ormai una frazione del 13% registrato nel “triennio d’oro” 2005-2007. Numeri e problemi che paiono lo specchio di due differenti approcci al credito e in generale alla gestione del settore finanziario da parte di Stati Uniti e Italia, entrambi criticabili e non privi di pecche. E voi che ne pensate,  meglio l’approccio “made in Usa” o la situazione italiana? Attendiamo come sempre le vostre riflessioni sulle pagine di Bluerating.

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