Il peggio è passato

di Emma Delbono

Industria del private equity: i dati non sono di certo incoraggiati. La svolta è ancora lontana ma per gli operatori il peggio è passato. I numeri diffusi da Aifi sul primo semestre 2010 e relativi indicano un mercato ancora in stallo: tra gennaio e giugno 2010 si sono registrate 129 nuove operazioni, per un controvalore complessivo pari a 552 milioni di euro, corrispondente a una diminuzione del 48% rispetto allo stesso periodo del 2009, quando già avevano iniziato a manifestarsi i primi effetti della crisi. Ne parliamo con
Alessandro Reitelli, managing partner di Accuracy.

I dati Aifi non sono molto incoraggianti. Che giudizio si è fatto?
Non sono una sorpresa. L’intero mondo occidentale è alle prese con una crescita flat, ma i segnali incoraggianti non mancano: la visibilità delle azione è tornata, le società hanno confermato i target 2010. Le previsioni delle aziende ridiventano attendibili, a differenza del 2009. E questo è già un passo avanti. Inoltre, c’è disponibilità di liquidità: gli ultimi dati che ho raccolto indicano una disponibilità mondiale complessiva di 500 miliardi di dollari, intesi come somma tra la liquidità già disponibile e i commitmentes. In Italia, i fondi disponibili, dati Aifi, sono pari a 6,8 miliardi di euro ma si arriva fino a 10 miliardi se si aggiungono i fondi paneuropei. Un ulteriore segnale positivo è dato dal fatto che le aspettative tra il venditore e l’acquirente si stanno avvicinando. Fino all’anno scorso il venditore non era disposto a vendere a multipli inferiori a quelli degli anni precedenti. Dal canto suo il private non voleva comprare. Oggi le due parti si stanno riavvicinando. I mega buy out da 1 miliardo stanno tornando: Lion Capital ha acquisito i surgelati Piquard a 1,5 miliardi di euro, pari a 10,7 volte l’ebitda dell’azienda e a 6,2 volte il debito, per un fatturato di 1,1 miliardi. L’operazione è stata finanziata con 975 milioni di debito e il resto in equity. Questo dimostra che i multipli stanno risalendo. In Italia, Team System è stata acquisita da Hg capital per 600 milioni, pari a 11 volte l’ebitda del 2010, con un debito tra le 5,5 volte e le 6 volte.

Che cosa è cambiato dopo la crisi?
L’uso della leva si è riequilibrato. Oggi siamo in un rapporto 50-50 tra debito ed equity. Credo che si continuerà così ancora per molto. Staremo in un mercato che crescerà del 2% al massimo a livello mondiale e la cautela sarà d’obbligo. Le operazioni, poi, si fanno solamente per asset di qualità. C’è molta più analisi sia da parte del private equity che da parte delle banche finanziatrici.
Il numero delle operazioni sarà complessivamente più basso. E la taglia delle operazioni rimarrà contenuta: non a caso sulla piccola e media impresa i private sono rimasti sempre attivi.

In quali settori prevede una ripresa delle operazioni?
Consumer goods e financial services, soprattutto in Italia. Si tratta di due settori che non necessitano di capitali investiti molto importanti e, per quanto riguarda quello dei consumi, con una valenza anti-ciclica importante. E poi anche l’abbigliamento.

Esiste un problema di scadenza del debito?
Nel 2009 molti private equity hanno riscadenziato i debiti con le banche (per finanziare le operazioni). Non escludo che ci possa essere un altro round perché nessuno si era immaginato una crescita così piatta nel 2010 (dopo il flop del 2009). Per i private, comunque, è sempre interessante tentare di rinegoziare il debito anche se non hanno paura di sforare i covenants, visto il basso livello di i tassi rispetto al 2008.

Esiste un problema di scadenza dei commitments? Data la scarsità di operazioni nel 2009 molti private si troveranno a dover investire?
Tutti i migliori private equity hanno comunque già ridiscusso di queste cose con i loro finanziatori, allungando i commitments e i periodi di apertura di investimento. Ma questa è solo una faccia della medaglia: c’è chi come Pai ha dovuto restituire la metà del fondo e chi, come Candover, ha chiuso i battenti.
Credo che vedremo ancora altre Pai e altri Candover. Questo è vero per i grandi fondi. Per i piccoli, al contrario, c’è molta effervescenza. I piccoli sono in raccolta, c’è una grande ricerca di fondi e liquidità.

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