Conoscere il gestore? Una peculiarità svizzera

Il primo modello di [a]private banking[/a] utilizzato dalle banche svizzere prevedeva la presenza del portfolio manager, in grado di gestire le esigenze finanziarie ed accessorie della clientela. Si trattava di una figura professionale estremamente competente, ormai sparita dal settore finanziario, in ragione di una crescente specializzazione e di esigenze sempre più complesse degli investitori, che ha portato ad una nuova organizzazione bancaria.

Il settore del private banking fa spesso da laboratorio per nuovi prodotti e servizi, e le reti di promotori e l’assistenza alla clientela affluent e retail hanno recepito la nuova distinzione, che vede ben distinti coloro che gestiscono la relazione con l’utente finale e chi effettivamente gestisce le risorse conferite. Il sistema è quindi giunto ad avere private banker, promotori, addetti al client service, sportellisti, a seconda del profilo dell’istituto, che si trovano a proporre o spiegare prodotti finanziari che conoscono tramite la lettura di un report, un corso interno di formazione, tenuto da un’altra figura commerciale, interna o meno alla banca, ma in nessun caso avranno l’opportunità di interfacciarsi periodicamente con il vero gestore.
L’esigenza di conoscere e potersi confrontare, a propria discrezione, con il gestore, sono alla base del successo che diverse società svizzere continuano ad ottenere.

“Nella mia carriera ho lavorato come trader ed a stretto contatto con importanti gestori di primari istituti, si tratti di ruoli molto delicati, e non capisco come si possa affidare la propria ricchezza a persone con le quali non si è in grado di confrontarsi o parlarci alzando semplicemente il telefono”, questo il pensiero di [p]Jean-Pierre Bettschen[/p], amministratore delegato di EUROTREND Investment, società specializzata nelle gestioni in Forex, a Lugano, che possiede la peculiarità di non ricorrere alla leva finanziaria, e considerare l’investimento nel mercato dei cambi in un’ottica di risparmio gestito e non a fini speculativi.

La crisi finanziaria “ha evidenziato come non si possa affidare incondizionatamente i propri risparmi ai grandi nomi internazionali, senza conoscere a livello personale coloro che prenderanno le decisioni di investimento”, un elemento raramente considerando dal pubblico retail, ma che la clientela private richiede in maniera crescente.

Negli ultimi tempi “continuiamo a vedere un forte interesse da parte di persone che ci segnalano singoli clienti, ma anche di figure professionali che appoggiano presso di noi il portafoglio, per iniziare o portare avanti una propria linea di gestione”. 
A fronte di una certa competenza nella gestione, coloro che per la struttura distributiva del mercato italiano sono portate a seguire la clientela unicamente sotto l’aspetto consulenziale e relazionale, “sembrano più serene ad eseguire loro stessi le scelte sul mercato per conto dei clienti, piuttosto che affidarsi ai grandi nomi internazionali”.

A seguito della crisi finanziaria il dibattito si è concentrato sui conflitti di interesse, trasparenza, semplicità dei prodotti, elementi che sono solo in parte collegati alla distanza tra risparmiatore e gestore. I continui ritardi nella creazione dell’albo dei consulenti indipendenti, una cultura finanziaria ancora troppo bassa tra gli investitori e modelli di business troppo rigidi degli operatori presenti in Italia, non sembrano essere in grado di dare una risposta alle esigenze del mercato, che le società svizzere hanno capito con diversi anni di anticipo.
 

 

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