Giro d’Italia delle reti – Lombardia, la ripresa è in atto

Anche la Lombardia ha risentito duramente della crisi: secondo stime di Prometeia, nel 2010 il Prodotto interno lordo della regione è risalito dell’1,9%, vale a dire meno di un terzo di quanto perso (-6,3%) nel 2009. A far ripartire l’economia lombarda è stato in particolare il canale estero: trainate dalla rapida risalita del commercio mondiale, le esportazioni lombarde sono cresciute del 7,6% lo scorso anno a prezzi costanti, recuperando gran parte della perdita ciclica subìta nel orso della recessione. L’apertura verso l’estero è del resto uno dei tratti caratteristici dell’economia della regione almeno quanto la sua specializzazione nei beni a tecnologia alta e medio-alta, fattori che hanno favorito il recupero del valore aggiunto nell’industria (+6,0%). Segnali positivi sono venuti anche dal primo trimestre del 2011, con un ulteriore incremento, anche se contenuto, della produzione industriale, mentre si prevede che l’accumulazione di
capitale dovrebbe recuperare gradualmente nel corso del 2011.
Nel complesso la crisi, specie nel settore manifatturiero, sembra secondo le analisi di Banca d’Italia aver rappresentato un’occasione per stimolare l’innovazione specie nelle aziende di maggiori dimensioni, più orientate all’export e con una situazione reddituale pre-crisi più solida. Nel corso della recessione tuttavia la Lombardia e le sue imprese hanno pagato il calo di produttività del lavoro verificatosi negli anni dal 2000 al 2007, registrando un calo dell’attività più marcato rispetto a regioni d’Europa dalle caratteristiche simili.
La ripresa dell’attività, in particolar modo evidente nel settore turistico (mentre il settore delle costruzioni stenta tuttora a uscire dalla fase recessiva, non si è ancora tradotta in un miglioramento del mercato del lavoro. Nel 2010 gli occupati sono calati dello 0,6% con un tasso di disoccupazione salito al 5,6% per poi stabilizzarsi nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno.
I più colpiti, come del resto capitato anche nel resto d’Italia, sono stati i giovani e le donne, con un saggio di occupazione femminile ridisceso al 55,8%, di quasi 20 punti percentuali inferiore al tasso di occupazione maschile. Sul fronte dei finanziamenti all’economia lombarda si è registrato un recupero: dopo il calo del 2009, sono saliti del 2,2% anche se le condizioni di offerta sembrano rimaste nel complesso invariate, dopo il marcato irrigidimento registrato a fine 2008 e proseguito, sebbene con una lieve attenuazione, nel 2009.
Le banche restano dunque caute per quanto riguarda l’attività di erogazione, tanto che i prestiti alle imprese manifatturiere sono rimasti stabili nel 2010 per poi aumentare gradualmente nei primi mesi di quest’anno.
La domanda di credito, segnala Banca d’Italia, è trainata dal recupero del ciclo produttivo delle aziende e dalle esigenze, manifestate da queste ultime, di ristrutturare le posizioni debitorie in essere. L’attività di investimento ha invece dato ancora un contributo negativo, coi settori delle costruzioni e dei servizi in ulteriore lieve calo, una diminuzione delle operazioni a scadenza, specie quelle di leasing, a fronte di un aumento delle facilitazioni per il portafoglio commerciale. Gli investimenti di private equity e venture capital sono a loro volta diminuiti nel complesso. Quanto alle famiglie, sono tornate a crescere
le richieste di mutui per l’acquisto di abitazioni (+3,5%), mentre sono leggermente calati
(-0,2%) i finanziamenti per consumo, anche a causa della persistente debolezza nelle vendite di beni durevoli. Rispetto ad un incremento dei contratti indicizzati, si sono diffusi mutui ipotecari che contengono il rischio di tasso o in grado di venire incontro a temporanee difficoltà di rimborso da parte delle famiglie.
Agli strumenti di valutazione automatica delle aziende le banche operanti in regione (oltre il 60% degli intermediari) dopo la crisi stanno affiancando con sempre maggior rilievo elementi valutativi di tipo qualitativo, quali le capacità imprenditoriali e le prospettive economiche dei progetti da finanziare. Tecniche utilizzate maggiormente, rispetto al passato, non solo nella decisione di affidamento, ma anche nella fissazione dei tassi, nel monitoraggio delle posizioni, e nella definizione dei livelli di autonomia dei responsabili delle filiali nel processo di erogazione del credito.
Nel complesso secondo gli uomini di Via Nazionale le condizioni finanziarie delle imprese sono migliorate; è salita la quota di quelle che hanno chiuso l’esercizio 2010 in utile o pareggio (76% rispetto al 66% di un anno prima), sono calate le aziende che hanno lamentato un’accentuazione delle restrizioni nell’accesso al credito.
Da par loro le banche hanno continuato a differenziare le condizioni praticate alla clientela sulla base del grado di rischio delle imprese. Durante la recessione i crediti ad aziende che presentavano situazioni di bilancio di elevata vulnerabilità sono calati (a fronte di una sostanziale stazionarietà dei prestiti alle imprese più solide), con una crescita della quota di prestiti supportati da garanzie reali e il premio per il rischio richiesto nella definizione dei tassi di interesse. Il deterioramento della qualità del credito è proseguito, sia pure con minore intensità rispetto al 2010 (ma resta elevato rispetto al 2006- 2007), mentre sono cresciute le posizioni che presentano temporanee difficoltà di rimborso o ritardi nei pagamenti e i fallimenti (saliti più in Lombardia che nella media del paese).
Venendo infine al risparmio finanziario, si è notato un calo dell’1,1% della raccolta tramite depositi e obbligazioni delle banche, mentre sono leggermente aumentati i titoli mobiliari di proprietà delle famiglie, come pure il valore delle quote di fondi comuni in portafoglio.
“Su questo fronte – spiega Bankitalia – dalle indagini biennali effettuate sui bilanci delle famiglie, è emerso che le varie forme di investimento finanziario (depositi bancari e postali, azioni, obbligazioni e polizze assicurative, con l’esclusione dei certificati di deposito e dei libretti di risparmio) sono più diffuse tra le famiglie lombarde che nel resto del paese”. Eppure, secondo la stessa indagine, le competenze delle famiglie nell’assumere decisioni d’investimento, sebbene superiori alla media delle regioni, appaiono tuttora limitate, con solo le metà degli intervistati in grado di rispondere correttamente a domande di cultura finanziaria.

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