Veneto, la crisi è arrivata in banca

Regione popolata da oltre 4,9 milioni di abitanti, con un Pil di circa 130,7 miliardi di euro a fine 2010, in ripresa dell’1,6% rispetto a fine 2009 (quando aveva segnato una pesante contrazione, -5,9%) ma ancora distante dai valori toccati nel 2008 (oltre 134,1 miliardi), il Veneto ha, a giudizio unanime degli esperti di Banca d’Italia e Unioncamere, “preso coscienza” della crisi mondiale proprio lo scorso anno, con l’accettazione da parte del sistema produttivo che nulla era “più come prima” e che occorreva “rimboccarsi le maniche”. La crisi non ha colpito omogeneamente le imprese venete: durante la recessione globale hanno sofferto di più le piccole imprese, specie quelle del settore manifatturiero, quasi sempre con inadeguati meccanismi protettivi come un limitato accesso al credito e agli ammortizzatori sociali, mentre le aziende esportatrici e quelle più innovative per quanto esposte alle oscillazioni dei mercati hanno saputo reagire alla crisi prima e meglio delle altre. Sintomi, per Unioncamere, di un tessuto produttivo sano e della capacità di adattamento alle situazioni contingenti negative e alle nuove esigenze in essere che caratterizzano le imprese venete.

Se la crisi ha favorito una prima ristrutturazione del sistema produttivo, per quanto riguarda il settore finanziario secondo le analisi di Banca d’Italia la situazione congiunturale ha stimolato le banche, specie quelle appartenenti ai grandi gruppi bancari nazionali, “ad attuare interventi organizzativi di rivisitazione dell’articolazione territoriale”. Le reti, insomma, si sono ristrutturate e proprio a seguito di tali interventi, per il secondo anno consecutivo, nel 2010 il numero complessivo degli sportelli ubicati nel Veneto è calato (da 3.645 a 3.625 sportelli), nonostante l’incremento degli sportelli delle banche di credito cooperativo (+2,4%). Le politiche volte a razionalizzare l’offerta territoriale dei grandi gruppi nazionali hanno invece comportato la riduzione delle banche attive in Veneto (da 141 a 129), mentre si è assistito ad una riduzione della quota del mercato regionale dei prestiti detenuta dai primi cinque gruppi bancari nazionali al 55% del totale (con un calo di due punti percentuali).

Infine la prolungata fase di crisi economica ha inciso negativamente sulla capacità di risparmio delle famiglie, influenzate nelle proprie scelte anche dall’andamento dei mercati finanziari. Sempre secondo la Banca d’Italia l’anno passato la raccolta bancaria è calata dell’1,2% (-2,2% quella presso le famiglie, cui fanno capo oltre tre quarti dell’aggregato, a fronte di un +2,5% della raccolta presso le imprese). Ad una sostanziale tenuta dei depositi in conto corrente (+2,1%) si è contrapposto un calo delle obbligazioni bancarie (-3,6%) e dei pronti contro termine (-33%). I clienti retail, secondo Bankitalia, hanno sottoscritto prevalentemente obbligazioni bancarie a tasso fisso anche se verso la fine dell’anno sono andate crescendo le emissioni di bond a tasso variabile, con un lieve aumento tanto dei tassi offerti quanto della durata dei titoli emessi. In calo appaiono il valore dei titoli in custodia e amministrazione, con le azioni (- 14,5%) che secondo Via Nazionale hanno scontato anche l’effetto di prezzo derivante dall’andamento negativo di Piazza Affari, i titoli di stato in calo del 3,7%, le obbligazioni dell’1%, mentre sono risultate in aumento le quote detenute di Oicr (+8,6%). Fondi e Sicav, insomma, sembrano aver ritrovato un certo appeal presso i risparmiatori veneti.

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