I segreti di un buon promotore

Un’aspirazione dei pf è essere riconosciuti come professionisti. Cosa bisogna fare per esserlo? Saper ascoltare attentamente, interpretare poco il pensiero del cliente e fare invece molte domande di approfondimento, ricordarsi di ogni particolare, immedesimarsi e dare consigli con autorevolezza.

Le parole sono importanti

Il pf è un gestore di relazioni, specializzato nella pianificazione finanziaria al fine di costituire e tutelare il patrimonio del cliente in base alle sue specifiche esigenze. È una funzione paragonabile a quella dell’architetto che progetta la casa dei clienti sulla base dei desideri, della famiglia e delle disponibilità finanziarie. Il rapporto tra architetto e cliente è in un certo senso facilitato, perché qui si traducono i desideri dei clienti in disegni visibili e alla fine in un manufatto tangibile.

Gli ingegneri devono trasformare il disegno in un progetto esecutivo, scegliere i materiali per realizzare poi il progetto. Analogo il compito dei gestori, che devono individuare i titoli più adatti per costruire i portafogli. Gli uffici titoli e le banche corrispondono alle imprese edili, impiantistiche e così via. Il ruolo del pf è meno facile. Il pf progetta e pianifica il patrimonio mobiliare del cliente scegliendo i servizi finanziari più adeguati per quelle specifiche esigenze, ma i servizi sono immateriali. Un’arida e dotta esposizione dei servizi prescelti, dell’utilità che il cliente potrebbe riceverne, delle tecnicalità che caratterizzano i servizi non creano nel cliente il desiderio di sottoscriverli.

I desideri del cliente

Un’analisi che parta dai desideri del cliente, che usi il linguaggio del cliente, che gli faccia toccare con mano la consistenza degli obiettivi che potrà conseguire riuscirà a motivarlo ad aderire a una pianificazione e a sottoscrivere i servizi per realizzarla. Questi ultimi sono importanti, ma per il cliente non sono molto più che un camion di mattoni o sacchi di cemento, che servono per costruire la casa. Non ne può fare a meno, ma non comprerebbe mai un camion di mattoni se non sapesse che per vedere il suo progetto realizzato è anche indispensabile comprare i mattoni. Il pf che ha approfondito la conoscenza del cliente ha ottime probabilità di fargli intuire la validità della pianificazione, quella che consentirà all’interessato di realizzare le sue aspirazioni. Se il pf ha capito a sufficienza il cliente, sarà in grado di comunicare con lui, creare la relazione e gestirla nel tempo sviluppando tutte le attività primarie e collaterali.

Raggiungere l’obiettivo

La relazione dovrebbe descrivere gli obiettivi del cliente nei suoi termini, i mezzi disponibili presenti e presumibilmente futuri, il tempo per il raggiungimento degli obiettivi, i risultati (non i rendimenti) che si prevedono. L’unico rendimento corretto auspicabile è il mantenimento del potere d’acquisto del risparmio accantonato per costituire il patrimonio mobiliare e la coerenza tra il patrimonio costituito e quello realisticamente realizzabile. Oltre a ciò, la relazione dovrebbe spiegare la scelta dei servizi necessari per raggiungere l’obiettivo e il grado di rischio compatibile con la propensione al rischio del cliente.

Una relazione semplice, chiara ed esaustiva sottoscritta dal pf, soprattutto nella fase di acquisizione del propect, lo renderebbe molto più credibile e professionale. Perché chi sottoscrive una relazione se ne assume la responsabilità morale e professionale, un comportamento questo molto più apprezzabile rispetto a quello standard di chi descrive pianificazione, prodotti e servizi e si limita a far sottoscrivere contrattualistica e modulistica obbligatoria. La modulistica standard in genere mette al riparo tutta la filiera dell’offerta dalle authority, dagli intermediari fino al pf, ma non garantisce a sufficienza la domanda. Cioè, i clienti.

Patti chiari, rapporto lungo

Un documento originale, non precodificato, se adottato da tutti, renderebbe superflua la maggior parte della modulistica usata per “garantire” i clienti, l’applicazione della Mifid attuale docet. Si passerebbe dai documenti dove i clienti dichiarano di aver capito tutto e accettato le clausole a un documento dove chi consiglia spiega che ha capito le esigenze del cliente, che ha pianificato l’impiego dei risparmi e la scelta dei servizi che “in scienza e coscienza” gli consiglia. Quando si costruisce una casa sono gli architetti e gli ingegneri che firmano il progetto e se assumono la responsabilità, il cliente si impegna solo a pagare e le sue responsabilità si limitano a quello, non c’è alcun documento che sollevi i professionisti dalle loro responsabilità professionali.

È evidente che la responsabilità dell’architetto e dell’ingegnere sta nelle decisioni professionali e nella verifica dell’esecuzione dei lavori, così il pf nella scelta dei servizi si attiene, con prudenza professionale, a consigliare quelli che hanno le caratteristiche necessarie e verifica la corretta esecuzione degli impegni prospettati dai gestori, inoltre rispetto all’architetto ha la possibilità, in corso d’opera, di modificare le scelte per utilizzare strumenti sempre più adeguati per il raggiungimento degli obiettivi. Questa assistenza professionale permanente è un compito più impegnativo di quelli dei normali professionisti perché può durare decenni.

Basterebbero due pagine

L’introduzione su larga scala di questa prassi e lo stilare una relazione scritta renderebbe più credibile la professionalità dei pf, perché oltre l’attività di pianificazione accentuerebbe la responsabilità professionale della promozione dei singoli servizi. Se si mettono per iscritto le ragioni per cui si consiglia un determinato servizio si bypassa tutta l’inutile polemica sul conflitto d’interessi, perché il pf sottoscrive un documento in cui chiarisce le ragioni per cui consiglia un certo servizio e con ciò se ne assume la responsabilità. Una prassi del genere è solo apparentemente foriera di complicazioni e di rischi.

È importante che non sia un’iniziativa isolata ma si inserisca in una filiera virtuosa, per esempio il Kiid è già un grande passo in avanti, andrebbe reso ancora più facilmente comprensibile ed esteso a qualunque servizio assicurativo, bancario e finanziario non solo ai fondi. Sarebbero sufficienti due pagine e non le 30/50 e passa di qualunque contratto di questi settori: la tutela del cliente è inversamente proporzionale alla corposità dei contratti. La relazione scritta del pf, anche questa di sole due pagine, contenente gli argomenti già citati, accompagnata dai Kiid di tutti i prodotti e i servizi consigliati sarebbe più che sufficiente a tutelare i clienti. La responsabilità delle scelte risulterebbe corroborata dai documenti pubblicati dagli intermediari. I pf sono cresciuti quando hanno portato avanti in prima persona le istanze dei clienti, pretendendo dagli intermediari prodotti e servizi utili ai clienti e non viceversa, e quando hanno portato avanti le istanze di sicurezza del mercato con l’istituzione dell’Albo.

Una funzione specifica

Un’altra accortezza per essere riconosciuti come professionisti è l’identificazione con una funzione specifica. I pf sono nati dai consulenti finanziari che erano noti per promuovere il risparmio gestito. Oggi il pf propone tutto. Fare il pf è un’attività poliedrica, non dà la sensazione di una professione con una specializzazione definita. Chi aspira a essere riconosciuto come professionista deve evitare di presentarsi con troppi cappelli, deve ritagliarsi una specializzazione possibilmente esclusiva e per quanto riguarda le attività accessorie comportarsi da “general contractor” per il cliente, rifiutandosi di svolgere attività di manovalanza, altrimenti sarà considerato un rispettabilissimo manovale con la presunzione di essere un professionista.

Lo spirito dei consulenti finanziari e la mission che avevano non è andata smarrita, c’è chi ha raccolto il testimone e sviluppato perfettamente l’attività dei consulenti realizzando le professionalità di private banker e di wealth manager dedicandola ai clienti più interessanti. Ai pf è toccata soprattutto la clientela retail. Gli intermediari hanno utilizzato le tecnicalità dei consulenti finanziari, di coloro che hanno inventato questo mercato, per riservare in genere ai propri dipendenti il segmento più interessante, da ogni punto di vista anche quello professionale. Se i pf aspirano a essere riconosciuti come professionisti devono riappropriarsi del proprio mercato naturale.

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