La lunga strada dello statuto dei lavoratori autonomi

L’ipotesi di arrivare a uno statuto dei lavoratori autonomi non è nuova: al Senato è già presente un disegno di legge che vede come primo firmatario il senatore Tiziano Treu, già ministro del Lavoro nel governo Dini e nel primo governo Prodi, nonché autore del “pacchetto Treu” da cui prese origine la legge 196/97 che ha introdotto in Italia il lavoro interinale e altre forme contrattuali di lavoro atipico.

Secondo l’analisi di Treu i lavori autonomi hanno “un grande potenziale di sviluppo, essi hanno tuttavia bisogno di peculiari forme di sostegno a fronte delle grandi trasformazioni del contesto produttivo e delle criticità che li riguardano”. Il disegno di legge che propone Treu si propone di individuare “un insieme di princıpi e di regole essenziali che non annulla le specificità delle singole categorie, ma definisce un denominatore di tutele e di incentivi rispondente alle esigenze comuni di questi soggetti, che è il riconoscimento e la valorizzazione del loro lavoro”.

Tra questi interventi il testo depositato al Senato prevede ad esempio interventi che favoriscano la ricerca di una “competitività basata sulla qualità e sulla stabilità del lavoro e non sulla sua intensificazione esasperata o sulla mera riduzione dei costi; maggiori investimenti in formazione continua, innovazione e sicurezza; utilizzo delle nuove tecnologie; diffusione di pratiche che superino tutte le discriminazioni nel lavoro (di genere, di razza ed etnia, di età) e che promuovano le pari opportunità, in particolare fra uomini e donne” nonché la “regolarizzazione delle forme di lavoro irregolare”. Resta da capire se in un momento di crisi come l’attuale questa proposta troverà un suo spazio per decollare o quanto meno convergere nelle norme e nelle misure che accompagneranno il ddl lavoro o se si dovrà attendere la prossima legislatura per riprendere e completare un discorso che attende ormai da 30 anni almeno di essere portato a conclusione.

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