Molto meglio un rapporto protetto

I promotori finanziari possono essere legati, per legge, all’intermediario finanziario da un contratto di lavoro dipendente o di agenzia (lavoro autonomo continuativo e stabile) o mandato (lavoro autonomo occasionale): per la stragrande maggioranza dei casi si ricorre nella prassi al contratto di agenzia, anche se le banche di private banking per l’assistenza ai grandi patrimoni si avvalgono per lo più di lavoro dipendente. Il contratto di agenzia è ben radicato nella prassi commerciale, per cui non si registrano profili di dubbio e di configurazione di lavoro dipendente. L’emanazione di direttive e la vigilanza per esigenze di tutela dei risparmiatori non sono incompatibili con il contratto di agenzia, e i compensi fissi, soprattutto nel primo periodo di trasmigrazione dei portafogli dei clienti per stabilizzare i ricavi, sono compatibili con il lavoro autonomo quando sostanzialmente in linea con i ricavi provvigionali attesi. In definitiva, la causa promozionale, con ricavi tendenzialmente in funzione degli affari promossi e senza vincoli di orario, non ha dubbi di sconfinare nel lavoro dipendente, nemmeno con la nuova rigorosa normativa “in itinere”.

Due aspetti meritano di essere approfonditi su questo argomento. In primo luogo, l’attività promozionale di servizi e prodotti si sta sempre più evolvendo verso il modello della consulenza, intesa non solo come un servizio proposto autonomamente e prestato tramite promotori finanziari, ma anche tale da contraddistinguerne e qualificarne l’attività commerciale. Il promotore dunque non è solo agente ma anche un consulente. E proprio per la consulenza si ripropongono i dubbi circa la differenza dal lavoro subordinato. La particolare qualificazione tecnica può costituire l’elemento dirimente, tale da confermare la scelta contrattuale di esclusione della subordinazione, ma si pone un problema di valorizzazione e tutela di tale qualificazione, che non può più essere rimessa al solo contratto di agenzia, relativo soltanto al profilo promozionale e quindi non pertinente ai contenuti tecnici qualificati, per i quali peraltro un contratto di lavoro autonomo si rivela generico. In conclusione, i rischi di subordinazione non si rivelano effettivi, mentre esiste un “deficit” di tutela del promotore finanziario. In secondo luogo, tra i promotori finanziari spiccano i manager di rete, vale a dire quei soggetti che sono sempre legati alla società da un contratto di agenzia per lo svolgimento dell’attività di promotore finanziario, ma che svolgono un incarico collegato di coordinamento di altri promotori.

Va sottolineato che c’è una profonda differenza rispetto agli agenti di assicurazione, legati da un contratto di agenzia alla società e da un contratto di subagenzia con operatori coordinati: questi sono infatti veri e propri imprenditori, mentre i manager di rete nel settore finanziario sono inquadrati come dei semplici lavoratori autonomi. Per questi ultimi infatti, i contratti con le società prevedono che l’incarico di coordinamento sia accessorio rispetto a quello di agenzia e quindi potenzialmente revocabile unilateralmente senza le indennità di preavviso e di fine rapporto previste per il contratto di agenzia, che invece resta in vita. Anche la giurisprudenza di Cassazione ha confermato questa impostazione. In tale caso, emerge dunque il rischio di subordinazione, oltre a quello di assoggettare a Iva i compensi, visto che l’esenzione è applicabile solo ai contratti legati alla vendita e al collocamento di titoli.

Entrambi i problemi potrebbero essere risolti facendo rientrare l’incarico di coordinamento nel contratto di agenzia, con l’avvertenza che la giusta causa di revoca dell’incarico accessorio deve essere configurata in modo più elastico essendo relativa all’inadeguatezza del promotore nell’assumere ruoli direzionali e che richiedono stretti rapporti di fiducia. In definitiva, la scelta della nuova disciplina “in itinere” di valutare con estremo rigore zone grigie tra l’autonomia e la subordinazione, sanzionando abusi ma non facendo rientrare autonomamente nella subordinazione figure nuove e dall’alto contenuto intrinseco, si rivela certamente felice. Tali figure richiedono regolamentazione e tutela adeguate e specifiche: occorre tornare per questo all’idea originaria dello Statuto dei lavori, con forte diversificazione della tutela in relazione alle diverse figure, purché ciascuna autonoma ed effettiva e non simulata. 

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