Consulenza finanziaria, prende corpo l’idea di un Albo unico

CLIENTI ESPOSTI A RISCHI OGGETTIVI – Il grande mondo della consulenza e della distribuzione di servizi finanziari arriva alla boa della prima metà del 2013 con risultati più che incoraggianti dal punto di vista della raccolta, che ha ripreso vigore grazie anche al buon andamento dei listini, ma con un quadro regolatore che appare confuso e frammentato. Di più. Da troppo tempo i consulenti che si autoproclamano indipendenti operano nel nostro Paese senza alcun soggetto che li vigili e la bandiera del “fee-only”, quand’anche portata con professionalità, espone però i clienti a rischi oggettivi.

UN ALBO PER I CONSULENTI INDIPENDENTI – Da un lungo periodo si parla e si auspica la nascita di un Albo o di un organismo per regolare i consulenti indipendenti, ma questo finora non è avvenuto, anche perché i mercati non si costruiscono a tavolino e i professionisti che possono definirsi realmente “indipendenti” oggi sono poche centinaia. Inoltre non c’è dubbio alcuno che oggi in Italia la consulenza reale la facciano le reti di promotori finanziari, organizzate perlopiù in un “sistema banca” (da Banca Mediolanum a Banca Generali, Banca Fideuram, eccetera). Come se non bastasse, il vasto universo della consulenza è sottoposto a organismi diversi, come l’Organismo per la tenuta dell’Albo dei promotori finanziari (Apf), l’Organismo per gli agenti in attività finanziaria e i mediatori creditizi (Oam) e il nascente Ivass, che regolerà gli agenti assicurativi. Tante sigle significano tanta confusione.

TANTA CONFUSIONE – E nella confusione si annidano i pericoli di chi vorrebbe mettere le mani sulle leve di controllo di tutte le reti. Stiamo parlando, senza far tanti giri di parole, degli alti vertici del sistema bancario italiano che hanno cercato di inserire i consulenti indipendenti sotto l’Oam così come anche i promotori finanziari, con un tentativo protrattosi per tutta l’estate dello scorso anno e poi – fortunatamente – abortito. Nella partita in corso si inserisce anche la Consob, che giustamente sottolinea che le banche devono fare consulenza: in effetti, il promotore finanziario che opera per conto di una banca sta svolgendo attività consulenziale e non di collocamento e ai fini Mifid ricade sotto i profili della “adeguatezza”.

UNA SOLUZIONE RAZIONALE – Come ricomporre un mosaico così frammentato? Ciò che sta accadendo negli Stati Uniti può rappresentare la chiave d’accesso a una soluzione razionale che trovi spazio anche in Italia. Al di là dell’Atlantico, infatti, coloro che lavorano per realtà come Wells Fargo o Ubs sono a tutti gli effetti dei “financial advisors” così come i professionisti indipendenti; solo che i primi sono “tied”, cioè sono soggetti che operano nella consulenza per conto di un altro soggetto.

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