CONSULENTIA – Caro promotore, il cliente c’è e va stanato

ITALIANI CHE NON SCELGONO I PROMOTORI – Gli italiani si possono riassumere in due tratti: valutazione sbagliata della loro competenza e limitata conoscenza della figura del promotore finanziario. Questo è quanto in sostanza è emerso dallo studio Ispo Ricerche presentato durante la seconda mattina di Consulentia 2014 – Professionisti in Capitale (qui la cronaca di ieri). Il tema dell’indagine è stato “il promotore finanziario nella percezione dei risparmiatori”. A parlarne, il sociologo Renato Mannheimer (nella foto). “Mettetevi al telefono, datevi da fare, c’è un sacco di gente che non sa di voi”, ha scherzato il sociologo rivolgendosi all’ampia platea dei promotori finanziari riunita nella Sala Sinopoli, presso l’Auditorium Parco della Musica, a Roma.
 
PROMOTORE NON TI CONOSCO – Lo studio registra una scarsa propensione ad affidare i risparmi al promotore finanziario. Ma lo spazio per crescere c’è, perché in Italia c’è bisogno di consulenza finanziaria. E dopotutto i giudizi di chi ha scelto di affidarsi ai promotori finanziari sono molto positivi. In un promotore tutti cercano e apprezzano il lato umano – in termini di fiducia ispirata e di serietà e affidabilità riconosciute – ma anche il merito per la gestione dei risparmi attraverso la diversificazione e la capacità di innovare e dare valore. “Da qui parte la sfida per l’industria e per la nostra categoria”, ha commentato il presidente di Anasf Maurizio Bufi. “Conosciamo ora le esigenze della domanda. Il testimone passa a noi. Crescere significherà riuscire a rispondere potenzialmente ai bisogni di tutti i risparmiatori”.
 
UNA CRESCITA MOLTO LENTA – I margini di crescita ci sono e sono ampi. “Noi in Assoreti una crescita la registriamo, c’è, ma è lenta”, ha segnalato il presidente di Assoreti Antonio Spallanzani (nella seconda foto, il momento iniziale della tavola rotonda). “La quota di mercato delle reti di promozione finanziaria in dieci anni è aumentata di un punto o un punto e mezzo percentuale”. Questo perché “i risparmiatori sono poco assuefatti al rischio, i competitori forti ed egemoni, dunque la crescita non è facile”. Ma in compenso “in questo momento le reti sono molto popolari, vedasi l’attenzione che ricevono in Borsa le società del settore”, redditizie per gli azionisti.
 
UNA PROFESSIONE A OSTACOLI – Ma quella del promotore finanziario è o no una professione per il futuro? L’altro tema della mattinata riaccende il dibattito sul ricambio generazionale in un contesto in cui l’età media dei professionisti, poco sotto i 50 anni, sale di un anno ogni anno. E riemerge la diversità di vedute tra Assoreti – con il presidente Spallanzani che conferma l’idea secondo cui ogni rete deve agire secondo le proprie regole – e Anasf – per la quale gli investimenti nei vivai delle squadre di promozione finanziaria devono essere di più e più decisi. Non ci si può accontentare, ha detto in sostanza Bufi, del passaggio di testimone dai padri ai figli.
 
I QUATTRO PILASTRI – A seguire, dal partner di AT Kearney Massimo Arrighi, qualche numero sul settore e quattro suggerimenti. Gli asset sono aumentati, così come i portafogli medi, ma è anche cresciuta l’età media dei promotori finanziari, mentre il loro numero è sceso dai 28mila del 2007 ai poco più di 20mila del terzo trimestre 2013. Il percorso evolutivo, da adesso in avanti, deve poggiare secondo Arrighi su quattro pilastri fondamentali: l’indipendenza, la trasparenza sui costi, le competenze in termini di lavoro in team, specializzazione, education e certificazione, e – ultimo pilastro ma non meno importante – la tecnologia.

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