Finanza e Fisco: una selva di rendite

DAL 20% AL 26% -  L’incremento dal 20% al 26% delle rendite finanziarie potrebbe rivelarsi molto più che una seccatura. Complice tassi bassi sui bond corporate (la tassazione dei titoli di Stato, italiani e di emittenti esteri appartenenti alla “white list” ovvero di organismi sovranazionali ad essi equiparati come Bei, Birs o Bers, è invariata al 12,5%) che resta relativamente modesta, con tassi schiacciati appena sopra il 2% effettivo per il tratto tra i due e i cinque anni della curva dei tassi sul mercato obbligazionario e rendimenti in termini di dividendi che non sempre (quando vengono distribuiti) superano il 2% (con alcune eccezioni come, quest’anno, il rendimento di UnipolSai, che ha sfiorato il 7%, o quello di Eni, appena superiore al 6%), il costo per gli investitori italiani sarà ben più salato del 26%. Oltre alla tassazione delle rendite, infatti, pesano la “patrimonialina” sui conti di deposito-titoli salita dallo 0,15% allo 0,20% e la Tobin tax (pari allo 0,2%, ridotta allo 0,1% per titoli scambiati su mercati regolamentati). Ipotizzando un portafoglio che renda mediamente il 3% annuo, sull’azionario la pressione fiscale complessiva salirebbe al 36% (dal 30%), per i bond corporate, i fondi comuni e gli etf sfiorerebbe il 33% (da poco meno del 27%), per i titoli di Stato rimarrebbe poco oltre il 19%, mentre per i depositi bancari e i certificati di deposito balzerebbe da una quota di quasi il 27% a poco meno del 33%. Un incremento che non dipende dall’ammontare del capitale investito, ma risulta sensibile al variare dei tassi e in particolare con tassi vicini al 2% (che come detto non sono affatto rari in questo momento) la pressione aumenta ancora e sui depositi arriva attorno al 36%.

AFFRANCAMENTO – C’è un modo di evitare, quantomeno, di pagare questa maggiorazione d’imposta sulle plusvalenze o rendite già maturate ma non ancora realizzate? In parte sì: nel caso degli oicr, è stato introdotto un regime “semplificato” per i sottoscrittori. Detto in altre parole, le plusvalenze/ rendite maturate fino a lunedì 30 giugno subiranno, al momento della liquidazione, un prelievo del 20%, mentre quelle maturate da martedì primo luglio fino alla data di disinvestimento subiranno il prelievo del 26%. Si noti che questo vale solamente nel caso dei rimborsi di quote, mentre nel caso di distribuzione di dividendi si pagherà l’aliquota in vigore alla data del pagamento del dividendo stesso. Diverso il caso del risparmio amministrato: su questo punto, va detto che è il risparmiatore stesso che può chiedere, entro il prossimo 30 settembre, “l’affrancamento”, che in altre parole è il conteggio fiscale con le vecchie aliquote fino a lunedì 30 giugno, solo che dovrà in questo caso pagare subito l’imposta su capital gain e plusvalenze ottenute. Da segnalare, poi, che la richiesta di affrancamento varrà sull’intera posizione, non sarà possibile selezionare solamente titoli specifici. Ultima nota: le eventuali minusvalenze già realizzate e presenti nel dossier con i titoli che presentano plusvalenze saranno compensabili senza la necessità di vendere i titoli medesimi.

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