Banche centrali, che nessuno si muova

LO SCENARIO – Le fonti d’ansia certo non mancano. Ci sono le tensioni geopolitiche in Ucraina, per citare un’area alla quale ci legano l’economia e i consumi energetici. C’è l’attesa per gli stress test condotti dalla Bce sulle 15 principali banche italiane e su altri 115 istituti europei, i cui risultati si conosceranno il 17 ottobre. Poi la fiducia delle aziende tedesche – che ci stanno a cuore perché la Germania è ancora la locomotiva d’Europa – finita quasi sotto i tacchi quando l’indice Zew, in pieno agosto, è sceso d’un botto a 8,6 da 27,1 punti, assai peggio delle attese e ai minimi dal dicembre del 2012. E poi ci sono loro, i muscoli che pompano linfa a tutto il sistema: le banche centrali. I grandi capi si sono riuniti a Jackson Hole, Wyoming, Stati Uniti, dal 21 al 23 agosto. Gli obiettivi erano puntati su Janet Yellen, presidente della Fed, e su Mario Draghi, suo omologo presso la Bce, perché da tempo si diceva che l’una fosse pronta a ritirare gli stimoli all’economia e l’altro no. Ebbene, cosa è successo? La prima ha rasserenato tutti sul presunto aumento dei tassi di interesse: il mercato del lavoro negli Usa è un punto interrogativo ancora troppo grande. Il secondo ha ribadito che sono sì necessarie alcune riforme strutturali non più rinviabili da parte degli Stati membri dell’eurozona, ma intanto ha confermato che la Bce resta pronta a mettere in atto qualsiasi azione straordinaria che dovesse rendersi necessaria per far fronte alla crisi. E a settembre dà il via al programma di Tltro. E le Borse? A fine agosto il Ftse Mib risulta aver perso più del 2,6% in un mese, ma ha guadagnato il 18,21% in un anno e il 37,76% in due anni. A Francoforte, il Dax è salito in dodici mesi da 8.435,15 a 9.510,14 punti ed è sceso tutto sommato di poco dai 9.598,17 punti di fine luglio. Nel frattempo i rendimenti sui titoli di Stato hanno continuato ad abbassarsi, cosa che in genere segnala una certa serenità sul fronte della domanda. Come mai? Così rispondeva Giacomo Vaciago, professore di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano e presidente della società di analisi e ricerca economica Ref, al Fatto Quotidiano lunedì 25 agosto: “è la conseguenza paradossale del circolo vizioso in cui i mercati finanziari sono entrati: oggi se l’economia va male si rafforza la convinzione che le banche centrali faranno nuovi interventi e daranno liquidità al sistema comprando titoli. Per cui i tassi scendono e i listini salgono. A dispetto del fatto che in Europa ci sono 20 milioni di disoccupati. Parte della colpa comunque è anche dei governi, che sono latitanti e fanno ricadere tutte le responsabilità sui banchieri centrali”. A tal proposito: almeno nell’area euro, i mercati hanno di fatto posticipato la previsione di un aumento dei tassi al 2017. Non solo. Gli esperti di Axa Investment Managers prendono spunto dalla nota nella quale la Bce ha illustrato i dettagli tecnici delle operazioni di rifinanziamento mirate a lungo termine per dire che “le condizioni per ottenere liquidità non saranno eccessivamente onerose. Resta comunque da vedere se saranno imposte condizioni più rigorose per l’utilizzo diretto dei fondi presi a prestito dall’Eurotower”. In questo contesto, di sicuro i gestori non rimangono fermi a guardare.

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