Vecchi buoni postali dal valore dimezzato? Vincere dal giudice non è facile

DOMANDA – Posseggo due buoni postali trentennali in scadenza dei quali le Poste hanno dimezzato il valore in pratica. Ho preso informazioni da un’associazione dei consumatori sulle azioni da intraprendere per riscuotere l’intero importo e mi è stato suggerito di fare una lettera di diffida alle Poste (costo 50 euro) oppure di usare l’Arbitro Bancario Finanziario (costo 20 euro) ma senza assicurarmi il risultato. Sono buoni suggerimenti? Cosa devo fare per ottenere l’intero importo?
D.S., Milano

RISPOSTA – Consigliamo al lettore di non fare alcunché, almeno per il momento. Ma prima di spiegare perché è necessaria una premessa. In Sportello Advisory del 26 settembre abbiamo riferito della confusione esistente circa le possibilità di vedersi pagare quanto riportato nei buoni postali, possibile nel caso in cui sia stato consegnato al cliente un certificato di una serie precedente a quella in vigore al momento dell’emissione e la contestuale assenza del previsto timbro riportante le caratteristiche della serie in quel momento in vigore. Ed è la casistica a cui si riferisce la sentenza di Cassazione del 2007 riportata nelle stessa risposta del 26 settembre. Sentenza, invece, di cui non è possibile avvalersi per i buoni interessati dal decreto ministeriale 13 giugno 1986. Si aggiunga – e così dicendo esprimiamo perplessità sui suggerimenti ad agire ricevuti dal lettore nel colloquio con l’associazione dei consumatori -  che i precedenti non sono affatto favorevoli ai ricorrenti. In passato, infatti,  sono state intentate cause (tutte con esito negativo) e si è anche giunti, attraverso il Tribunale di Napoli, a investire della questione la Corte Costituzionale che, con la Sentenza 333 del 2003, ha dichiarato inammissibile l’eccezione di costituzionalità basata sul fatto che le norme successive prevedevano in caso di modifica delle condizioni (oggi non più possibile) una apposita comunicazione all’interessato con tanto di diritto di recesso a suo favore.
Anche l’Arbitro Bancario Finanziario (che percepisce venti euro per i diritti di segreteria) si è più volte espresso sul tema in maniera negativa proprio perché la modifica delle serie è intervenuta con un decreto ministeriale legittimamente emanato. Esistono, questo è vero, recenti pronunciamenti favorevoli di alcuni Giudici di Pace che impongono alle Poste di pagare quanto riportato sul buono, ma la società guidata da Francesco Caio si è opposta e si attendono i responsi, che a nostro parere, saranno contrari ai clienti. Cosa fare? Confermiamo, almeno per il  momento,  il suggerimento al lettore di non agire perché le possibilità di ottenere una decisione favorevole sono assai scarse e di tenersi aggiornato sugli sviluppi della vicenda seguendo la nostra rubrica. Ultimo consiglio nel caso di riscossione dei buoni è, comunque, di non firmare alcuna liberatoria riferita a eventuali future contestazioni.

Hai un quesito da porre a Sportello Advisory? Scrivi a: [email protected]

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