Voluntary disclosure? Irrinunciabile per chi ha patrimoni in Vaticano

QUALCHE SORPRESA DALL’ACCORDO CON IL VATICANO – L’accordo con la Santa Sede sulla trasparenza interbancaria (qui la notizia) si distingue dalle altre intese siglate di recente con Svizzera, Liechtenstein e Montecarlo per un dettaglio importante: la sua maggiore retroattività. Il testo presenta infatti una decorrenza inattesa, spiega a BLUERATING l’avvocato Fabio Ciani, of Counsel dello Studio legale Tonucci & Partners, sottolineando che l’effettività di questo scambio è retroattiva fino al 2009. Le autorità italiane potranno dunque riesumare e monitorare i dati finanziari dei contribuenti residenti con patrimoni ivi allocati sulle annualità coperte dalla voluntary.

RETROATTIVITA’ MAGGIORE – Pertanto, spiega il legale, “l’accordo con il Vaticano, diversamente da quelli chiusi con Liechtenstein, Montecarlo e Svizzera, ha una retroattività ancora maggiore, con l’effetto deteriore che sarà probabile un controllo fiscale sul patrimonio finanziario, conoscitivo al 2009, che prenderà il via in forza di tale accordo. Gli accordi chiusi con gli altri paesi, infatti, decorreranno solo dal 2015, quale che sarà la data della loro ratifica”.

ADESIONE ALLA VOLUNTARY
– L’accordo con la Santa sede e questa inattesa sua retroattività che coprirà il quinquennio ancora ‘aperto’, continua l’avvocato, “fa sì che la voluntary per i contribuenti con patrimoni detenuti nello Stato del Vaticano diventi un’occasione irrinunciabile per svincolare gli asset nella misura in cui – se non si aderisce ad essa – si rigenera automaticamente la trasparenza interbancaria, con disponibilità e verosimile acquisizione dei dati finanziari da parte dell’agenzia delle entrate a decorrere dal 2009 sulle quali opereranno anche code extrafiscali (riciclcaggio ed  autoriciclaggio)”.

UN’OCCASIONE “STORICA” – La voluntary offrirà dunque “l’occasione storica e irripetibile di bonificare quei dati finanziari ora disponibili a partire dall’annualità concordata, svincolarli e disporli. Sarà dunque verosimile che coloro che non aderiranno al regime opzionale potranno subire una verifica fiscale sulle evidenze finanziarie mai dichiarate al fisco, sulle quali vi saranno risposte sanzionatorie più che espropriative (oltre il 200% dei patrimoni offshore detenuti illegalmente)”.

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