Albo unico? Più danni che benefici per i promotori

L’Albo unico dei consulenti finanziari, una volta realizzato, potrebbe portare più oneri che vantaggi per i promotori finanziari. A lanciare l’allarme è Ferruccio Riva (nella foto), attuale responsabile area tutele del comitato esecutivo Anasf uscente ed esponente di punta della Lista 3 “Il Salto di qualità: consulenti per il cambiamento”. Che a Bluerating spiega dubbi e possibili soluzioni relativi al nuovo organismo chiamato a raccogliere sotto un unico tetto tutti i soggetti protagonisti in Italia della consulenza finanziaria. 

Riva, prima di esprimere i suoi dubbi sul nuovo Albo unico dei consulenti finanziari, partiamo dai punti fermi della possibile futura regolamentazione…

La tempistica è sicuramente un punto fermo. La Legge n. 114/2015 di delegazione europea 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 31 luglio scorso, fa un riferimento esplicito all’Albo dei consulenti finanziari, nell’ambito della previsione di recepimento della Direttiva Mifid 2, dando scadenza al Governo  per  il  prossimo  3  luglio 2016. Altro punto fermo è che tale Albo unico rappresenta la soluzione a una annosa lacuna lasciata in eredità politica, di governo in governo, dal 2008. Gli articoli 18 bis e 18 ter del Testo unico della finanza prevedono, sin dalla loro pubblicazione, la creazione di un Albo per i consulenti fee only, sia persone fisiche che giuridiche mai realizzato, con la collegata vigilanza su questi operatori. Unificarli nell’Albo dei promotori finanziari è una soluzione funzionale a costo zero. Inoltre, avendo già previsto per legge la vigilanza in capo all’organismo mai nato, diviene naturale che questa venga conferita in seno al nuovo Albo, portando per proprietà transitiva al nuovo soggetto anche la vigilanza su chi vi era già iscritto, cioè i pf, sotto il logico controllo primario esercitato dalla Consob. 

E qui c’è il primo scoglio…

Proprio Consob sarà deputata a sciogliere un nodo complesso: i criteri di rappresentanza negli organi direttivi del costituendo organismo.  Il tema è delicato, con soluzioni che potrebbero cadere facilmente nel paradossale – con gli intermediari che, per peso, controllino i fee only -  e che quindi richiederà estrema saggezza.

E’ vero che non è così scontato il cambio di denominazione di promotori in consulenti finanziari?

Non ci sono certezze. Solo il Ddl Marino, in discussione da più di un anno in Senato e senza alcuna garanzia di essere recepito dal Governo entro i termini stabiliti, prevedrebbe il ritorno ormai logico e naturale per i promotori finanziari alla denominazione professionale di consulenti finanziari.  Anche se, a dire il vero, la definizione “Albo dei Consulenti Finanziari” inserita all’articolo 9 comma o) della Legge 114 lascia ben sperare. 

Il nuovo Albo unico determinerà un aumento dei costi sostenuti dai promotori finanziari?

Il timore è quello e nasce dal testo della legge-delega nella parte in cui si legge che dall’attuazione delle disposizioni “non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ne’ minori entrate contributive per la Consob”. Conseguentemente, i circa 4,7 milioni di euro di contributi versati annualmente dai pf iscritti all’Albo a Consob devono rimanere tali.  I maggiori costi della vigilanza in capo al nuovo Albo, dunque, dovranno essere pagati a parte sempre dai suoi iscritti.  Non va, poi, sottaciuta una interpretazione estrema, derivante da altri commi del Ddl Marino, potremmo immaginare che Consob possa prevedere la compensazione di minori entrate con minori costi del personale, trasferendolo al nuovo organismo. Che dimensione verrebbe a quel punto data a quest’ultimo per giungere a conguaglio, col rischio di costruire l’ennesimo “carrozzone all’italiana”?

Cosa manca nell’Albo dei consulenti così come è stato ipotizzato sinora?
Si notano due carenze fondamentali.  Innanzitutto, la discriminazione patita dai pf italiani rispetto ai colleghi europei nel non potersi organizzare sotto forma di società ovvero come persona giuridica, come chiaramente previsto da entrambe le versioni della Direttiva Mifid. Il fatto di inserire sotto la vigilanza del nuovo organismo le società di consulenza finanziaria (previsto dall’articolo 18 ter del Tuf. N.d.r.) dovrebbe, invece, eliminare questa iniquità, che blocca un naturale salto di qualità della professione, salvaguardando l’Italia, tra l’altro, da una possibile procedura d’infrazione legata ai rapporti con gli altri partner europei, come si evince da una consultazione Esma di qualche mese fa. Seconda cosa importante, una semplice correzione dell’articolo 1753 del Codice Civile, con l’aggiunta della dicitura “e finanziari”, che creerebbe il presupposto giuridico per risolvere in futuro l’annoso problema Enasarco.

Cosa fanno fatica ad accettare i promotori finanziari delle ipotesi di regolamentazione fin qui circolate?

La definizione ‘indipendenti’ riferita ai fee only e usata a sproposito. La Direttiva Mifid 2 e le successive consultazioni Esma hanno chiarito che la definizione di ‘indipendente’ sia da attribuire alla prestazione fornita, non al soggetto che la fornisca. Sbagliare su tali definizioni potrebbe potenzialmente portare l’Italia, anche in questo caso, verso una procedura di infrazione, prevenibile. C’è, poi, un ultimo aspetto…

Quale?

Nel 2013, ipotizzando un Albo diviso in rubriche, oltre a quella delle persone giuridiche erano state previste, in particolare e con lungimiranza, due rubriche oggi mancanti. Si tratta di quella dei praticanti, argomento sul quale Esma pare definitivamente orientata, e quella dei consulenti finanziari dipendenti che porterebbe una definitiva chiarezza nella forma della professione.

L’Anasf cosa può fare?

Cambiare radicalmente registro, puntando alla reale tutela della professione e delle sue prospettive, sperando non sia troppo tardi!  Fino a oggi, concretamente, è stata solo offerta alla politica una soluzione a buon mercato dei suoi problemi senza adeguate contropartite. Però, poco o nulla risulta effettivamente d’interesse per la nostra  categoria  professionale, che potenzialmente può  trarne più  danni che benefici, cosa da evitare  assolutamente con la massima attenzione. Quindi, moltissimo resta da fare nei prossimi mesi. Tutto ciò che va chiesto, in realtà, è la completa applicazione delle  Direttive  europee esistenti, per far fare alla professione il definitivo salto di qualità, necessario per il suo futuro e per il bene del mercato.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!