Banca Etica a gamba tesa contro l’evasione fiscale

Un sistema finanziario votato esclusivamente al profitto di pochi, con operatori “too big to fail” (troppo grandi per fallire) e una regolamentazione inadeguata che ha lasciato spazio a pratiche scorrette: sono queste le cause riconosciute della crisi finanziaria iniziata nel 2008, e della quale ancora oggi stiamo pagando le conseguenze.

In questi anni abbiamo assistito all’intensificarsi di annunci, in Italia ed in Europa, sulle prossime riforme del sistema finanziario. Annunci che raramente vanno nella direzione di attuare alcune riforme che la società civile internazionale chiede ormai da anni: la separazione tra banche d’affari e banche che si rivolgono alla clientela retail, un serio contrasto ai paradisi fiscali, l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie capace di scoraggiare gli scambi meramente speculativi e di creare un gettito per ridare slancio alle politiche ambientali, di welfare e di cooperazione, politiche premianti per le banche che prediligono il sostegno all’economia reale e allo sviluppo territoriale rispetto ad attività meramente finanziarie e tutelare il risparmio dei cittadini e la possibilità per i risparmiatori di scegliere strumenti finanziari con chiaro impatto positivo sociale e/o ambientale.

La sfida che Banca Etica cerca di raccogliere sin dalla sua nascita – nel 1999 – è quella di integrare nella dimensione bancaria alcuni profili di finanza mutualistica (in senso ampio), trasparente (oltre il mero dettato della “trasparenza bancaria”), partecipata (in modo effettivo e non rituale). In proposito, Banca Etica giudica una buona premessa normativa quanto introdotto dal legislatore con il decreto n. 176 del Ministero dell’Economia e delle Finanze (17 ottobre 2014), laddove, nel disciplinare il microcredito ai sensi dell’art.111 del Tub, è stata introdotta la figura degli “operatori di finanza mutualistica e solidale”.

Altrettanto positiva è la recente previsione di meccanismi di voto a distanza al fine di incentivare la partecipazione di un maggior numero di azionisti alle scelte strategiche delle banche popolari. Con questa prospettiva, fermo quanto previsto dalla normativa europea di riferimento, auspichiamo che lo sviluppo delle regole bancarie possa utilmente evolvere nelle seguenti direzioni: focalizzarsi sulla effettiva e efficace capacità di indirizzo della governance, orientata ai risultati sociali, ambientali, culturali ed economici; individuare percorsi di capitalizzazione che nel favorire il raggiungimento dei requisiti quantitativi aiutino anche la modernizzazione delle spinte mutualistiche e cooperative; attuare meccanismi di monitoraggio e/o controllo (misurazione) sulla realizzazione degli obbiettivi sociali e ambientali; definire la possibilità di una diversa gestione dei requisiti patrimoniali delle cooperative bancarie laddove le modalità di valutazione del merito creditizio siano effettivamente improntate anche alla trasparenza e tengano in considerazione impatti sociali ed ambientali.

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