Consulenza, cosa ci può insegnare l’Olocausto

“Non amare il successo. Quanto più lo ami e lo prendi come un obiettivo, più ti allontanerai da lui. Il successo, così come la felicità, non può essere perseguito; deve accadere, e accade solo come effetto collaterale di una dedizione personale a una causa più grande di se stessi o come prodotto della dedizione a una persona che non è se stesso. La felicità deve accadere, e lo stesso vale per il successo: devi lasciarla accadere anziché preoccuparti per lei”. Viktor Frankl.

Victor Frankl, nel settembre 1942, entrò insieme alla giovane moglie Tilly Grosser nel lager nazista di Theresienstadt (Böhmen), da cui venne trasferito, nel 1944, prima ad Auschwitz e poi a Kaufering III e a Türkheim. Pur essendo psichiatra non entrò da medico, quanto da internato. Era uno dei tanti, una matricola, questa matricola: 119.104. In quell’inferno non poté fare altro che fare appello alle sue risorse umane e morali. Solo così riuscì a trovare un significato all’inferno che stava vivendo. Con i suoi amici di sventura cercò di condividere l’entusiasmo per la lotta, per lo sforzo di difendere sempre la propria dignità di uomo. Imparò a saper sorridere anche nelle sofferenze più atroci e feroci della vita.

Serve uno scopo nella vita È proprio nei lager che Frankl scoprì l’importanza di avere uno scopo nella vita nonostante tutto, quello scopo che allo stesso tempo ti potrebbe salvare la vita. Solo coloro che hanno ben chiaro nella propria mente uno scopo trovano la forza per superare quelle situazioni che tutto ti tolgono. Ed è proprio da questa esperienza che lui è arrivato a credere che “la vita non diventa mai insopportabile a causa delle circostanze, ma solo per la mancanza di significato e di proposito”. Frankl credeva con ferma convinzione che “quando non riusciamo a modificare una situazione, abbiamo la sfida di cambiare noi stessi”. Ed è proprio nella fase più tragica della sua vita che Frankl ha potuto dare un senso e significato all’esperienza. Frankl sottolinea che “anche quando tutto il resto gli viene tolto, l’uomo mantiene la sua ultima libertà: quella di scegliere sempre quale atteggiamento assumere in una determinata serie di circostanze”.

Il successo è una conseguenza Quelle di Frankl non sono solo parole, la sua è una testimonianza di vita, di chi ha continuato a sognare dopo aver perso padre, madre, fratello, e moglie incinta ad Auschwitz. Frankl afferma con una meravigliosa espressione che “è la volontà di senso dell’uomo che gli permette di resistere alla sofferenza e trovare un senso”. La storia di Frankl è un grande esempio di come poter guardare la nostra vita e il mondo con occhi sempre nuovi, con gli occhi di colui che continua a sognare nonostante tutto. Si può sempre ripartire, soprattutto quando crediamo nel nostro scopo. E chi più di lui può essere così credibile dopo tutto quello che ha passato? Uno dei suoi preziosi suggerimenti, per poter vivere una vita felice non è tanto quindi perseguire il successo, ma quanto dedicarsi a qualcosa di più grande di sé e lasciare che il successo arrivi come conseguenza inevitabile di questa dedizione. Se è vero che ogni realtà ha un senso, ognuno se vuole veramente può trovare il suo.

Un esempio per i consulenti Ogni individuo è unico, irripetibile e solo e soltanto a lui spetta la risposta da dare alla sfida. E se ci è riuscito Frankl in un campo di concentramento, quante speranze in più abbiamo noi di poterlo fare, ognuno nel proprio ruolo e contesto? Ci sono consulenti finanziari con tante difficoltà, ai loro occhi insormontabili. Una sfida che spesso li porta a mollare, a rimandare o procrastinare dimenticando che solo “chi ha un perché per vivere sopporta quasi ogni come” (Friedrich Nietzsche).

Articolo a cura di Maria Grazia Rinaldi

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