La guerra al contante? È un errore

Lo scorso 1 giugno un blocco di alcune ore delle carte di credito Visa ha generato notevoli difficoltà in molti Paesi europei. Non è che stiamo andando incontro a rischi rinunciando al contante?
M. V., Milano

La domanda pone una questione niente affatto da sottovalutare. La guerra al contante, che poggia le proprie ragioni sul contrasto all’evasione fiscale e al riciclaggio, non può non tenere conto di altri rischi in cui si incorre affidandosi in toto alla tecnologia. Evasione e riciclaggio si servono solo in parte del contante, la cui abolizione pertanto non basterebbe, ma soprattutto l’assenza o scarsità di contante porta a correre rischi poco percepiti dal grande pubblico dei consumatori.La Banca centrale svedese, nazione in cui ormai si usa quasi esclusivamente il danaro virtuale, ha di recente constatato la scarsità di monete e banconote specie al nord, e ha evidenziato che ciò comporta rischi in caso di catastrofi naturali o tecnologiche. Se appunto bastano poche ore di blocco a un singolo emittente di carte di credito per provocare forti disagi, figurarsi cosa accadrebbe in scenari peggiori. Inoltre i mezzi pubblici di pagamento sono controllati da soggetti privati e ciò può diventare un problema in particolare in situazioni di crisi. Non solo: quanto descritto rappresenta un pericolo anche in relazione alla gestione dei dati personali. Insomma sarebbe meglio osservare il tema del contante sotto diversi aspetti prima di sancirne la conclusione.

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