Il consulente ieri, oggi e domani. La qualità al servizio del cliente

Pubblichiamo integralmente l’intervento del presidente di Anasf Maurizio Bufi (nella foto), a commento dell’articolo dal titolo Consulenza finanziaria, il dualismo prodotto-processo.

Gli ultimi anni hanno rappresentato per l’attività del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede e per i risparmiatori una fase di grandi cambiamenti legati, da un lato, allo sviluppo del quadro normativo – si pensi in particolare all’impatto della direttiva MiFID II sui modelli di prestazione del servizio – dall’altro, alla crescente complessità dei fenomeni economici e dei mercati finanziari. Alla luce di tali evoluzioni come concepire oggi la professione del consulente finanziario? La risposta non può che essere la seguente: i consulenti finanziari hanno saputo realizzare un percorso di crescita, facendo propria una logica di servizio fondata sull’aspetto personale della relazione con i risparmiatori. Alla base di questo percorso vi sono la professionalità e la personalizzazione del rapporto fiduciario con la clientela e, dunque, la capacità di proporre un servizio che, in un’ottica di lungo periodo, viene sviluppato nel tempo considerando le esigenze e gli obiettivi del singolo risparmiatore.

Proprio tale logica di servizio rappresenta l’aspetto fondante dell’evoluzione della professione del consulente finanziario che non può pertanto essere ridotta, sulla base di un ragionamento puramente anacronistico, a una mera attività di vendita del singolo prodotto, né alla semplice formulazione di raccomandazioni di investimento fini a se stesse. L’attività di consulenza è infatti inserita in un quadro di specifici obblighi di informativa, di condotta e di organizzazione ascrivibili al generale dovere di agire nell’interesse degli investitori ed è legata a doppio filo al concetto di personalizzazione dei consigli di investimento. In che cosa si traduce pertanto l’opera del consulente finanziario? Agire nel miglior interesse del cliente non vuol dire promettere facili rendimenti ma offrire una prestazione diligente, competente e professionale che, partendo dall’analisi delle caratteristiche ed esigenze, porta all’individuazione delle soluzioni meglio rispondenti al profilo di ogni singolo risparmiatore. Ciò significa, a sua volta, che l’attività del consulente finanziario abilitato, nel suo essere una delle modalità di erogazione della consulenza MiFID II, consiste in un obbligo di mezzi e non di risultato. L’anacronismo insito nel ridurre la professione di consulente finanziario a una semplice attività di vendita o di consulenza asservita a logiche di prodotto dimentica che, in una prospettiva di ampio respiro, la consulenza è un processo che, a partire da una corretta pianificazione finanziaria, porta all’assunzione di scelte di investimento consapevoli e accompagna poi il risparmiatore lungo il proprio ciclo di vita, valorizzando gli obiettivi di investimento propri di ciascuna fase e verificando, nel continuo, che l’investitore possieda le necessarie esperienze e conoscenze per comprendere le soluzioni di volta in volta identificate.

La qualità del lavoro svolto dal consulente finanziario si misura anzitutto attraverso la fiducia che si costruisce nel tempo e la capacità di condividere con ogni risparmiatore le singole scelte di investimento. Ed è proprio su queste basi che si valuta la qualità del servizio e la sua remunerazione.

Non si dimentichi inoltre che è attraverso la consulenza, in quanto attività che non può prescindere dalla conoscenza del risparmiatore e dal dialogo con lo stesso, che la nostra categoria svolge una concreta opera di educazione finanziaria, viepiù in un contesto economico che, come accennato, si caratterizza per un crescente grado di incertezza e complessità. Proprio in ragione della particolare relazione di fiducia che lega il consulente finanziario al risparmiatore, possiamo allora affermare che la nostra professione, nel suo caratterizzarsi quale attività economica, si contraddistingue anche per il suo ruolo sociale, da ricollegarsi alle esigenze di tutela e di sviluppo di quel bene fondamentale, costituzionalmente riconosciuto, che è il risparmio dei cittadini.

In conclusione, reputo necessario rilevare come l’attività del consulente finanziario sia oggi definita da un proprio percorso storico che ha permesso di affermarne le caratteristiche distintive nel sistema finanziario. Il trait d’union è rappresentato dall’aspetto personale del rapporto fiduciario con la clientela, trasformatosi nel tempo da un approccio totalmente delegante e dunque fideistico da parte dei risparmiatori a un’impostazione più consapevole e pertanto razionale, in virtù di un percorso di crescita a cui hanno contribuito la vicinanza del consulente finanziario e le attività di assistenza e di educazione finanziaria svolte dallo stesso. Questo sviluppo, tuttora in corso, ha arricchito la nostra professione nella direzione della diagnosi e della pianificazione, dell’emersione dei bisogni e delle esigenze della clientela, dell’asset allocation, dell’orizzonte temporale dell’investimento, del monitoraggio e del controllo del rischio, dell’assistenza nel continuo e, appunto, della prestazione del servizio di consulenza. Un servizio che tende – e che, tenderà, sempre di più, negli anni a venire – a ricomprendere contesti che vanno oltre l’ambito delle raccomandazioni in materia di investimento in strumenti finanziari, abbracciando la sfera dell’indebitamento, della protezione della persona e della famiglia (nonché dell’imprenditore e della sua azienda, nel caso di imprese), del risparmio assicurativo e previdenziale, fino ai temi del passaggio generazionale della ricchezza, nonché degli aspetti fiscali e successori. Si tratta di temi di portata assai vasta, che evidenziano come per il futuro si renderà sempre più necessario offrire ai risparmiatori soluzioni integrate e personalizzate che nulla hanno a che vedere con la mera logica di vendita del prodotto.

 

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