Consulenti, quale modello distributivo prevarrà?

In uno scenario della consulenza finanziaria caratterizzato da diversi fattori negativi è probabile che l’industria reagisca “efficientando” il settore e offrendo prodotti e servizi innovativi e articolati per generare ricavi soddisfacenti. Ma quale modello distributivo prevarrà? Vendita consulenziale o consulenza fiduciaria? La vendita consulenziale si basa sul rispetto legale della Mifid 2, la cui regola tecnica dell’adeguatezza consente di “servire al meglio l’interesse del cliente” perseguendo un equo bilanciamento degli interessi del cliente con quelli del consulente e dell’intermediario.

Di contro la consulenza fiduciaria si basa sul principio di agire secondo “il miglior interesse del cliente”, regola fiduciaria tipica dei professionisti, che dà assoluta priorità al suo interesse e che obbliga a dimostrare documentalmente questa condizione utilizzando, per esempio la Uni 11348. Nella prospettiva teorica di Akerlof, di Gaetano Megale* è possibile prevedere che se i potenziali utenti della consulenza non riusciranno a distinguere una consulenza mediocre da una di qualità è probabile che essi tendano, a fronte della trasparenza dei costi, a non fruire del servizio.

Per tale motivo gli operatori cercheranno di contenere al massimo i costi, diretti e indiretti, e quindi la consulenza si appiattirà inevitabilmente sullo standard legale della mediocrità, estromettendo dal mercato la qualità della consulenza fiduciaria. Questa possibilità può essere però evitata per due fattori. Da una parte l’aspirazione eticoprofessionale degli operatori che intendano interpretare l’attività come una professione, piuttosto che come un’attività commerciale. Dall’altra parte facendo comprendere all’utente potenziale la qualità della consulenza fiduciaria, utilizzando per esempio la Prassi di Riferimento Uni/PdR 36.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!