Un cliente ha presentato all’incasso un assegno postdatato. Mi è stato detto di fargli annullare l’operazione. Non capisco il motivo, l’assegno non può essere postdatato ed è quindi valido. P. S., Firenze
Al cliente sono state evitate grane. L’articolo 31 dalla Legge sull’Assegno, R.D. 1736/33, sancisce che il titolo è pagabile a vista ma l’articolo 121 impone al presentatore la regolarizzazione fiscale come cambiale: “Qualora nell’assegno venga indicata una data di emissione posteriore a quella dell’effettiva emissione dell’assegno non giustificata dal periodo di tempo necessario per far pervenire il titolo al destinatario o da altra materiale impossibilità di presentazione e sempre che la data non differisca di oltre quattro giorni da quella dell’emissione, si rende applicabile la tassa graduale delle cambiali, salvo le sanzioni di cui all’articolo 66, n. 5 della legge del bollo 30 dicembre 1923, n. 3268”. Occorre quindi pagare il bollo pari al 24 per mille sul valore del titolo, 12 di imposta e 12 di sanzione. Se ciò non avviene, tutti i soggetti che hanno contribuito a formare e far circolare l’assegno sono responsabili in solido. Altra grana deriva dalla sentenza di Cassazione 10710/2016, secondo cui l’emissione di un assegno in bianco o postdatato è contraria alle norme imperative contenute nella Legge sull’Assegno e pertanto, se consegnato al fine di garanzia del debito, il sottostante patto è nullo.