Reti e consulenti, fee e servizi son tutti da rifare

Retail, affluent o private? La tradizionale classificazione dei clienti usata dalle reti di consulenza finanziaria è ormai superata. Lo sostiene uno studio dei Mediobanca a firma di Gian Luca Ferrari, analista che segue i titoli delle maggiori società del risparmio gestito e della financial advisory quotate in borsa (Anima, Azimut, Banca Generali, Fineco e Banca Mediolanum). Oggi, i grandi network dei cf classificano i clienti in base al patrimonio che possiedono (il retail, per esempio, è rappresentato dalla folta platea dei piccoli risparmiatori, mentre la clientela di fascia medio alta è classificata come private). Su questa base, vengono applicate delle fee proporzionali al patrimonio posseduto. Per Ferrari questa classificazione è superata poiché il pricing delle reti dovrebbe invece seguire un’altra logica, cioè dipendere dal grado di interazione che i consulenti hanno con la clientela. Oggi, secondo lo studio di Mediobanca, i financial advisor hanno in media 10 contatti all’anno con i loro clienti, il più delle volte al telefono. Gli incontri personali si limitano invece a un numero di  circa 3 all’anno. Per questo, secondo Ferrari, le reti dovrebbero rimodellare le loro fee adottando il modello dell’americana Charles Schwab, che suddivide i clienti in base ai loro bisogni, secondo tre categorie: gli investitori fai da te, quelli che utilizzano un mix di investimento automatico e di consulenza e, infine, quelli che hanno bisogno di un financial advisor full time tutto dedicato a loro. A quest’ultimi verrebbe dunque applicato un livello di pricing più alto, mentre gli investitori fai da te hanno ovviamente bisogno di servizi standardizzati che costano meno.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!