Consulenti, una chimera chiamata trasparenza dei costi

“La trasparenza dei costi è ancora una chimera per i clienti” è il titolo di un articolo a cura dello studio di consulenza finanziaria indipendente Andreoli & Taccuso.  Una presa di posizione chiara sul tema dei costi, tornato alla ribalta con il caso dei rendiconti Mifid 2. Noi vi proponiamo di seguito un estratto, invitandovi come sempre a dire la vostra tramite i commenti in calce all’articolo. Buona lettura.

La trasparenza dei costi dei prodotti e servizi finanziari avrebbe dovuto essere uno dei punti di forza della Mifid 2.

Proprio in tema di trasparenza dei costi, il Regolamento Delegato UE 2017/565 della Commissione Europea del 25 Aprile 2016 ha indicato nell’articolo 50 l’obbligo per gli intermediari di fornire una sintesi esaustiva dei costi complessivi dei servizi finanziari. Qua sotto riportiamo le due tabelle.

La trasparenza dei costi (Tab 1)

La trasparenza dei costi (Tab 1)

Trasparenza dei costi sugli investimenti, la comunicazione deve avvenire in due modi:

  • una ex ante, con la quale si fornisce al cliente una stima preventiva dei costi da sostenere prima di effettuare un investimento;
  • una ex post, indicando in un’apposita tabella il rendiconto puntuale dei costi totali sostenuti.

La Trasparenza dei costi (Tab 2)

La Trasparenza dei costi (Tab 2)

In particolare era molto atteso in questo inizio di 2019 proprio il rendiconto ex post. Banche e reti di distribuzione avrebbero dovuto fornire tutti i costi sia in valore percentuale che in valore assoluto e specificare quanta parte di costi hanno trattenuto per loro stesse e quanto hanno dovuto retrocedere al gestore.

Tutto ciò dovrebbe consentire di raggiungere due grandi obiettivi:

  • una maggior efficienza dei prodotti finanziari, riducendo progressivamente i costi dei prodotti collocati;
  • una maggiore consapevolezza da parte di investitori e risparmiatori in merito a ciò che pagano realmente.

Come avrai notato, non a caso, ho scritto avrebbe dovuto… Infatti nonostante questa direttiva sia entrata in vigore il 3 gennaio 2018, cioè oltre un anno fa, solo ora Abi, Assoreti, Assosim ed Assogestioni hanno chiesto alla Consob di proporre all’Esma (l’autorità europea per i mercati finanziari) l’avvio di un tavolo di lavoro. Lo scopo è quello di fornire chiarimenti in merito alla stesura dell’informativa che occorre predisporre ed inviare ai clienti.

E’ evidente che si tratta di una “melina” per guadagnare tempo e procrastinare l’invio delle rendicontazioni il più tardi possibile.

Perché accade tutto ciò? I motivi sono diversi, vediamo di sintetizzarli.

Il 2018 è stato un anno molto negativo per i mercati. Se i clienti vedessero che oltre al danno (il calo dei mercati) si è aggiunta anche la beffa (prodotti inutilmente costosi) capirebbero gli enormi conflitti di interesse che esistono nel mondo del risparmio gestito.

Sapere di aver perso il 10% ma che buona parte di questa perdita è costituita da commissioni incamerate da chi colloca i prodotti non è di certo piacevole…

I dipendenti delle banche vendono i prodotti della casa. Ma tali prodotti sono molto più costosi rispetto a strumenti molto più performanti presenti sul mercato. E la stessa cosa vale per i promotori finanziari e family banker che dir si voglia.

I costi  sugli investimenti che paghi tu, caro cliente, se li dividono le banche e le reti che collocano i prodotti e le società che li costruiscono. E tu paghi… pensando di avere una consulenza di valore…

Da un report di Mediobanca è emerso che nel 2016 le società quotate a Piazza Affari si sono portate a casa mediamente un 3% di ricavi commissionali da fondi, gestioni e polizze collocati alla clientela. Alcune società di gestione (Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum) sono riuscite a incamerare un ulteriore 0,84% alla voce commissioni di performance. La cosa bizzarra è che ciò è accaduto anche per fondi che avevano registrato nella realtà rendimenti negativi.

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