Il lungo cammino dell’advisor: turnover e ruoli

Consulenti finanziari: campagne sui prodotti

Alle campagne di comunicazione si aggiungono poi le campagne sui prodotti online o offline, per aiutare il cf nella sua proposizione commerciale. Anche in questo caso siamo partiti da un grado di soddisfazione minimo dei consulenti finanziari registrato nel 2001 per arrivare al massimo nel 2014, quando molte delle società mandanti con quotazioni ormai consolidate in borsa hanno compreso un aspetto importante: la valorizzazione del loro posizionamento sul mercato e di quello dei consulenti della rete passa anche attraverso budget significativi, in alcuni casi milionari, destinati alle attività di advertising. Anche da questo punto di vista, il 2018 si conferma un altro anno di elevata soddisfazione per i consulenti finanziari dopo un triennio contrazione. Non è un un caso che, proprio quando cui le reti hanno saputo investire in campagne pubblicitarie efficaci, la loro raccolta si è mossa in controtendenza rispetto alla maggior parte delle banche tradizionali, che si sono invece distinte per un silenzio assordante. Un elemento fondamentale è la possibilità per i cf di interagire con la direzione della rete. Le reti di maggior successo sono guidate da grandi comunicatori che hanno fatto della propria vicinanza e della interazione con i consulenti una sorta di mantra. Quando parliamo di possibilità di interagire con la direzione, ci riferiamo in particolare a convention o a incontri continuativi sul territorio, volti non tanto a mettere pressione sui budget, quanto piuttosto a fare sentire i consulenti protagonisti e parte di una squadra unita e vincente, in modo che la società mandante possa condividere con loro gli obiettivi strategici. Anche da questo punto di vista, il 2018 è stato l’anno in cui si è toccata la massima soddisfazione dei cf rispetto alla loro mandante. Sarà un caso? Stupisce vedere come questi principi così banali e intuitivi siano a volte più o meno inconsciamente disattesi in settori limitrofi. E che dire delle operation, cioè quell’ambito di attività in cui rientrano le operazioni di back office, l’apertura dei contratti o gestione degli ordini dei clienti? Se volessimo paragonare un consulente finanziario a un pilota di Formula 1, potremmo dire che le operation sono la sua vettura, senza la quale anche il miglior fuori classe non riuscirebbe a salire sul podio. La soddisfazione per le operation, contrariamente ad altri fattori, è partita nel 2001 da livelli molto alti: non dimentichiamo che i cf, essendo da sempre abituati a ben operare fuori sede, sono tradizionalmente supportati in maniera adeguta dalla propria mandante. Negli anni il grado di soddisfazione dei consulenti riguardo alle operation è stato piuttosto altalenante e soprattutto non è stato omogeneo tra le diverse reti: quelle non dotate di una macchina concepita ad hoc per il financial advisor hanno sofferto e stanno soffrendo molto, proprio nel momento più delicato, in cui il gap tecnologico è un fattore capace di fare la differenza.

Consulenti finanziari: la sfida digitale

Il grado di soddisfazione per le operation ha avuto negli anni un andamento simile a quello registrato riguardo digitalizzazione delle procedure e all’utilizzo del web al posto dei tradizionali documenti cartacei. Rimanendo sempre nell’ambito delle metafore ispirate alla Formula 1 possiamo dire che, se le operation sono la macchina, i servizi digitali sono per il consulente una sorta di centralina elettronica senza la quale la macchina non parte. L’andamento della soddisfazione riguardo a questo fattore è partito da livelli molto bassi nel 2001, ha toccato il massimo quattro anni dopo per poi ridiscendere e risalire in media ogni tre anni: la tecnologia va infatti continuamente rinnovata, quello che va bene oggi tra tre anni è già obsoleto. Le reti che hanno le migliori performance riguardo alla digitalizzazione sono anche quelle più dinamiche che ottimizzano in modo continuativo i processi e gli strumenti digitali sia software che hardware, dalla firma digitale alle app, dal sito web aziendale agli applicativi per i clienti fino ad arrivare ai dispositivi come gli smartphone di ultima generazione o i programmi di riconoscimento facciale o vocale. E che dire invece degli aspetti retributivi e dei piani di fidelizzazione? Come qualsiasi imprenditore il cf è artefice dei propri guadagni, se lavora bene ed è apprezzato dai propri clienti guadagna altrettanto bene, viceversa potrebbe fare fatica ad arrivare a fine mese e d’altronde sappiamo che, in questo senso, una selezione naturale è già in atto e non da oggi. Il cf è un imprenditore che ha nella mandante il suo socio di maggioranza con cui condividere spese e ricavi. Ebbene, l’andamento della soddisfazione sugli aspetti retributivi è in linea con la storia e il successo crescente delle reti: parte piuttosto basso nel 2001, tocca il minimo nel 2009, complice la crisi del 2008, e dal 2012 riprende a salire fino al 2015 (massimo storico) per assestarsi nel 2018. I valori di soddisfazione sul proprio sistema retributivo non sono esaltanti, ma questo è insito nel genere umano: quasi tutti desiderano guadagnare di più e molti, soprattutto nei lavori di front office e commerciali, tendono a sopravvalutare le proprie capacità individuali, non foss’altro perché l’automotivazione è un ingrediente necessario per questo tipo di lavoro. In realtà l’aspetto retributivo va analizzato nelle sue differenti componenti: management fee, front fee, contest monetari, contest non monetari, piani di fidelizzazione e altri fringe benefit. Su questi aspetti vi è una certa differenza tra le varie società mandanti.

Consulenti finanziari: le ragioni del turnover

Di conseguenza, i livelli di soddisfazione variano certamente in base all’entità del portafoglio del singolo cf e dipendono anche dalla società mandante per cui lo stesso cf lavora. Ci sono infatti mandanti più munifiche, altre meno, alcune più generose nelle management fee, altre più sul front fee, altre ancora che hanno piani di fidelizzazione molto importanti. La soddisfazione, si sa, è anche correlata alla fedeltà del professionista alla propria mandante e alla sua disponibilità a farsi promotore della stessa presso colleghi che lavorano in un’altra rete. I livelli di fedeltà tra i consulenti sono in crescita, mentre si sta riducendo l’intensità della promozione della propria rete presso i colleghi che lavorano in altre realtà. Quest’ultimo trend è dovuto probabilmente a due fattori: in primo luogo, non tutti i cf sono dei bravi reclutatori; inoltre, sul mercato si trovano attualmente poche proposte irrinunciabili di ingaggio. Il turnover che ha caratterizzato il recente passato è stato spesso il frutto di ingaggi imbarazzanti oggi decisamente insostenibili. Basti pensare che in passato si è arrivati in alcuni casi a offrire persino il 6% del valore del portafoglio. Inoltre, non va dimenticato un altro aspetto: il consulente finanziario italiano ha mediamente 54 anni, è un professionista appagato, ha una base di clienti consolidata che gli consente una giusta remunerazione. Quindi, senza arrivare a scrivere che dorme sugli allori, si può dire che oggi il cf è certamente meno motivato a cambiare mandante rispetto ai suoi esordi. Anche gli stili di lavoro dei consulenti sono cambiati rispetto al passato: immaginiamo una squadra di calcio, il cui organico comprende gli attaccanti, i centrocampisti e i difensori.

Consulenti finanziari: i ruoli in campo

Partendo da questa classificazione sportiva, la popolazione dei cf può essere segmentata secondo una cluster analisi basata su oltre 40 variabili comportamentali e attitudinali. Volendo sintetizzare, gli attaccanti sono quei professionisti più attratti dai clienti potenziali, quelli che soffrono un po’ la sindrome da battitore libero e hanno una forte consapevolezza delle proprie capacità. I difensori, viceversa, sono più concentrati sui clienti attuali, sono meno proattivi, ma hanno una miglior capacità di lavorare all’interno di un team. I centrocampisti rappresentano invece il ruolo più allineato alla mandante di cui spesso ne rappresentano bene la filosofia e la strategia: focus sui clienti attuali e potenziali e capacità di lavorare in team. Ma i centrocampisti sono soprattutto quei professionisti che riconoscono l’importanza del supporto fornito loro dalla società mandante. La squadra dei cf italiani nel 2001 era per il 90% costituita da attaccanti e per il 10% da centrocampisti, senza alcun difensore. Nel 2018 la formazione in campo è cambiata: 70% di attaccanti, 21% di centrocampisti e 9% di difensori. Si tratta di una squadra ancora all’attacco ma più bilanciata rispetto a 17 anni fa. È naturale che il cf sia oggi più pacificato che in passato avendo raggiunto un buon equilibrio economico e lavorativo. È anche più attento a difendere i risultati e mediamente più allineato alla mandante. Molto rilevante nel rapporto tra mandante e consulente è la soddisfazione dei cf sui prodotti di investimento messi loro a disposizione dalla società, soprattutto per quel che riguarda due aspetti: l’ampiezza della gamma e i rendimenti ottenuti dai clienti. L’andamento di questi due indicatori va analizzato singolarmente. Partiamo dalla soddisfazione rispetto all’ampiezza della gamma e alla numerosità dei prodotti: il dato della soddisfazione registrato nel 2018 è sceso significativamente rispetto all’anno precedente e torna ai livelli di 12 anni fa. E non è un caso: il 2005 è stato l’anno dell’inizio della fase di innamoramento dei consulenti finanziari verso l’architettura aperta e verso le sgr terze, fase che è durata fino all’anno scorso.

Qui la puntata Il lungo cammino dell’advisor: i portafogli raddoppiano

 

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