Mifid, quando il profilo del cliente è truccato

Aggiustare la profilatura dei clienti aggirando le norme della direttiva Mifid. E’ la cattiva abitudine che hanno alcune banche e intermediari che finiscono poi di fronte all’arbitro per le controversie finanziarie della Consob (Acf). Ma di quali pratiche stiamo parlando? Il settimanale del Sole 24 Ore, Plus24, ne ha elencate alcune.

Prodotti inadeguati all’età anagrafica

Nella lista, si trova la vendita di prodotti finanziari inadatti all’età anagrafica: l’anno scorso (decisione n.533 dell’8 giugno 2018), infatti, un intermediario aveva offerto a un cliente di 89 anni un polizza con un orizzonte temporale di 9 anni. Prodotto che per motivi anagrafici lasciava qualche dubbio sulla sua adeguatezza. Il cliente, peraltro, per poter sottoscrivere la polizza consigliata dal consulente, aveva dovuto procurarsi liquidità disinvestendo da un’altra polizza con un rischio inferiore. 

I cambi di casacca

Da non trascurare, poi, i famosi cambi di casacca: ovvero operazioni fatte in regime di consulenza trasformate magicamente in un ordine del cliente per farle passare. Un caso di questo tipo è stato affrontato dall’Acf con la decisione n. 739 del 6 agosto 2018: riguardante un’operazione svolta in regime di consulenza e bocciata dalla valutazione di adeguatezza. Un minuto più tardi (alle 8:32), però, l’operazione era stata riproposta come ordine impartito su iniziativa del cliente (in regime di mera esecuzione). Una mossa che aveva lasciato più di qualche dubbio, con il sospetto che si trattasse in realtà di un escamotage per mandare in porto un’operazione al di fuori dai profili di adeguatezza. 

Scambi di nomi e informazioni fuorvianti

L’articolo di Plus24, infine, cita un caso in cui l’Acf è stato chiamato a esaminare informazioni sbagliate inerenti a prodotti o mercati finanziari. La decisione 1402 del 12 febbraio 2019 riguardava un’obbligazione subordinata emessa dall’intermediario stesso. Obbligazione che era stata definita “ordinaria e non complessa”, che tuttavia riguardava “titoli ibridi caratterizzati da rischio e complessità elevati in quanto prevedevano non solo la subordinazione in caso d’insolvenza dell’emittente, ma anche il congelamento di capitale e interessi in caso di perdite di bilancio dell’emittente stesso”.

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