Commissioni sulle performance, il fardello italiano

Nel corso dell’evento “La Mifid 2 un anno dopo” organizzato da Ascofind, si è svolta la conferenza intitolata “La trasparenza dei costi ed oneri. L’impatto sulle commissioni dei prodotti del risparmio gestito”. Ospiti della stesso sono stati Andrea Rocchetti, Responsabile Area Consulenza di MoneyFarm, Simone Rosti, Country Head Italy di Vanguard, Stefano Rossi, Amministratore Delegato, Partner di Euclidea Sim e Vincenzo Sagone, Head of etf, Indexing & Smart Beta business Unit di Amundi sgr. Nel corso dell’incontro è stata evidenziato un dato recentemente comunicato da Esma, ovvero il fatto che l’industria del risparmio gestito italiano è tra le più costose  e le meno redditizie a livello europeo. Questo dato deriva sia dalla poca quota in azionario investita rispetto alla media europea ( in Italia l’80% del portafoglio è in prodotti mixed), sia dall’incidenza gravosa delle commissioni di performance.

Se si considera la perfomance a 10 anni per asset class dei portafogli in Italia, troviamo l’equity intorno al 7%, l’obbligazionario al 5% e i bilanciati al 4,6%. A fronte di queste performance le commissioni pesano circa il 2% nel caso degli azionari, 1,4% per gli obbligazionari e infine l’1,8% per i bilanciati.

Le commissioni applicate a strumenti retail hanno una media del 2%, mentre per il pubblico degli istituzionali variano tra lo 0,5% in ambito obbligazionario e l’1,5% azionario. Siamo di fronte, ha sottolineato la giornalista e moderatrice angela maria scullica, a una struttura costi non decrescente anche a fronte di perfomance decrescenti, elemento che va danno della clientela, specialmente retail.

Più in generale, considerando l’orizzonte a 10 anni, in Italia i costi impattano sugli investimenti azionari impattano per il 23% della performance, il 33% sugli azionari e il 44% sui bilanciati.

Qui di seguito alcune frasi significative espresse dai relatori.

Andrea Rochetti, MoneyFarm: “Mifid 2 cambierà poco la percezione dei costi da parte del cliente, anche se è un passaggio assolutamente necessario. Speriamo prevalga la remunerazione diretta della consulenza invece di quella indiretta.Commissioni di performance e di incentivo sui prodotti incidono in maniera rilevante in Italia; per i maggiori gruppi bancari l’incidenza sui ricavi delle commissioni attive ha superato il 15%, quindi sono cifre molto importanti. Nei nuovi rendiconti, la sezione più interessante sarà quella dell’incidenza dei costi sulle performance realizzate; speriamo che gli intermediari siano trasparenti al riguardo, anche se abbiamo notizie che questa sezione sarà poco evidenziata e poco chiara, senza indicare la performance money weighted netta e lorda, cosa che invece garantirebbe chiarezza per l’investitore”.

Stefano Rossi, Euclidea sim: “I costi sono molto importanti e su alcune asset class non ha senso scegliere una gestione attiva. In Italia purtroppo si è sempre parlato di strumenti e quasi mai di ottimizzazione del portafoglio. La scelta di un singolo strumento è quasi irrilevante e questoo Mifid 2 lo sa”.

Simone Rosti, Vanguard: “In futuro penso che anche Italia potremo avere commissioni più basse, come negli Stati Uniti. In 12 anni che faccio questo lavoro, non mi è quasi mai capitato di assistere a discorsi di questo tipo, ora la mentalità sta cambiando, per fortuna. La certezza dei portafogli, quando si inizia, è solo una: il costo. Poi i mercati sono un gioco a somma zera, per ogni sorriso c’è qualcuno scontento dall’altra parte. Non credo che nel breve cambierà molto sul fatto che le retrocessioni rappresentino il 95% della distribuzione, ed è per quello che gli etf sono poco utilizzati dai consulenti. Il costo diminuirà sensibilmente, come nel caso delle gestioni patrimoniali nel 2008 dove le retrocessioni sono state abolite, quando aumenterà la quota di consulenza pagata come servizio. O le banche cercano l’efficienza nella distribuzione, oppure non è escluso che in futuro che diversi investitori saranno serviti direttamente dalle case prodotto“

Vincenzo Sagone, Amundi sgr: “In Europa abbiamo relazioni con grandi distributori. In Italia i costi della distribuzione sono i più alti e quindi di fronte a Mifid 2 è il Paese che più verrà rivoluzionato. La Francia è dominata da prodotti fiscalmente vantaggiosi. In Germania, Olanda e Belgio, la Mifid 2 sta portando all’evoluzione di piattaforme e roboadvisory. In Italia si sta puntando sui prodotti a basso costo, con particolare attenzione alle unit linked e alle gestioni patrimoniali. Finche i tassi sono bassi, il costo è il fattore principale di scelta di un prodotto in portafoglio”.

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