Azimut, vincenti perché indipendenti

Una nuova cabina di regia “corale” dopo l’uscita dell’amministratore delegato Sergio Albarelli. Ma, soprattutto, il titolo che quest’anno mostra consistenti segnali di ripresa in borsa dopo un difficile 2018. Pietro Giuliani (nella foto), appena rieletto dai soci presidente di Azimut Holding, traccia un bilancio fra passato e futuro delle sfide che attendono la rete di consulenti e private banker.

Recententemente, l’assemblea dei soci di Azimut ha cambiato governance e quattro top manager hanno ricevuto le deleghe che prima facevano capo a un solo amministratore delegato. Come mai questo cambiamento?
Il contesto con cui ci confrontiamo è mutato rispetto solo a 5 anni fa e le evoluzioni sotto la spinta della globalizzazione e della tecnologia avvengono sempre più rapidamente. L’analisi delle misure da intraprendere per rendere Azimut ancora più efficiente ha portato a una soluzione di governance che, grazie alle diverse competenze messe in campo, saprà dare nuove prospettive di crescita al gruppo. La squadra è formata da Gabriele Blei, Massimo Guiati, Paolo Martini, Giorgio Medda che insieme al chief financial officer Alessandro Zambotti guideranno Azimut nel futuro secondo deleghe e incarichi precisi. Sono giovani manager, l’età media è al di sotto dei 43 anni, che negli ultimi anni hanno svolto un ruolo decisivo nella crescita del gruppo in Italia e all’estero e hanno dimostrato con i risultati di avere le capacità e qualità necessarie per prendere in mano le redini dello sviluppo della società. La squadra si completa con Andrea Aliberti (amministratore delegato di Azimut Capital Management Sgr) e Claudio Basso che hanno responsabilità anche nell’area gestione rispettivamente in Italia e in Lussemburgo. Sono convinto che questo management team cresciuto in Azimut, con anche importanti esperienze internazionali, saprà convincere clienti e azionisti.

Per quanto riguarda la tua figura resterai presidente non operativo?
Sì, il mio sarà un ruolo di garante. Vigilerò affinché la nostra indipendenza non venga messa in pericolo.

Il 7 luglio scadrà il patto che raggruppa le azioni tue e della rete in Timone Fiduciaria con quelle del fondo Peninsula. Il patto sarà rinnovato?
Il patto si è già rinnovato automaticamente non essendoci state domande di recesso da parte degli aderenti.

I risultati del 2018 sono stati accolti bene dal mercato anche grazie a un dividendo di 1,5 euro per azione che colloca Azimut al top di Piazza Affari per lo yield. A fine 2019 si conclude il piano quinquennale. Confermi la stima di utile 2019 a 300 milioni? Quali le sfide del 2019?
Siamo per il secondo anno consecutivo la società con lo yield più alto del Ftse Mib e il dividendo proposto è basato su un utile netto di 300 milioni di euro a fine 2019, anno nel quale si conclude il piano quinquennale. Con due anni di anticipo rispetto alla conclusione del piano abbiamo superato gli obiettivi fissati, tra cui i 50 miliardi di patrimonio complessivo, la raccolta netta di almeno 2,5 miliardi all’anno, un payout tra il 60 e il 75%, la percentuale di masse all’estero che oggi è pari al 30%, e siamo certi di poter centrare anche il target sull’utile. Per farlo però dobbiamo essere concentrati sull’obiettivo e continuare a lavorare con determinazione.

Nell’ultimo mese il titolo ha recuperato il 22%, circa l’80% da inizio anno. In passato hai sostenuto che il prezzo corretto dell’azione è 30 euro. Oggi confermi quanto hai dichiarato?
Azimut è stata per lungo tempo l’azione più shortata del listino, ora grazie ai risultati che stiamo macinando e al dividendo proposto molti fondi speculativi stanno chiudendo le loro posizioni, ma il prezzo ne ha risentito e l’attuale non esprime di certo il nostro valore. La mia convinzione non è dunque cambiata, anzi si è rafforzata.

Com’è andato il primo trimestre di quest’anno?
I primi tre mesi dell’anno hanno mostrato segnali molto incoraggianti raggiungendo una raccolta totale netta di 1,3 miliardi di euro (+51% rispetto allo stesso periodo 2018) che ha permesso al patrimonio totale in gestione di superare i 54 miliardi. A questi risultati hanno contribuito in particolar modo la qualità della gestione, espressa attraverso una performance media ponderata netta del 6% (superiore di 150 bps al rendimento dell’industria italiana), e le società all’estero che sostengono l’intensità dei flussi di raccolta.

BlackRock ha incrementato la quota in Azimut sopra il 6,4% dopo essere stata anche ribassista, con altri fondi, al 2,5%. Come va interpretata questa mossa?
Reputo sia un movimento tattico. BlackRock è infatti un nostro azionista da molto tempo e in passato ha incrementato la sua partecipazione fino al 10%.

Quali sono i risultati e i progetti fuori dall’Italia?
La decisione di andare all’estero è stata una scelta precisa, per massimizzare le performance ai nostri clienti e acquisire competenze davvero internazionali, che in tanti ci hanno criticato per molto tempo per vedere poi che adesso quasi tutti i nostri concorrenti italiani stanno cercando opportunità di crescita al di fuori del Paese. Siamo l’unico gruppo del settore di matrice italiana che può vantare una presenza in 18 paesi del mondo, in particolare nelle economie a più alto tasso di crescita, e questa vocazione non potrà che essere rafforzata. Tutto questo significa un business estero che cresce in modo organico contribuendo fortemente alla raccolta totale del gruppo e la possibilità di operare sui mercati 24 ore al giorno attraverso un grande team di gestione internazionale composto da 95 persone situate in 15 hub di gestione. Il nostro obiettivo è quello di competere su tutti i mercati al pari dei players globali.

È cresciuta l’attenzione per gli investimenti in economia reale. Voi avete una sgr dedicata a questo segmento, quali obiettivi vi ponete?
Con le imprese condividiamo lo stesso spirito imprenditoriale, nel nostro gruppo consulenti finanziari, gestori, manager, dipendenti sono anche azionisti e partner della società ed è forse anche grazie a questo dna comune che nel 2014 siamo stati i primi nell’industria a lanciare iniziative dirette ad avvicinare i risparmiatori al mondo imprenditoriale e all’economia reale, culminate ora in Azimut Libera Impresa Sgr. Una piattaforma di investimento in prodotti e fondi alternativi, legati al mondo del non quotato, che intende rendere accessibile anche agli investitori retail una gamma di prodotti tradizionalmente riservati agli investitori professionali, supportando al contempo imprenditori e pmi con liquidità alternativa al canale bancario e la fornitura di servizi di consulenza in operazioni di finanza ordinaria e straordinaria. Il nostro intento è quello di posizionarci da qui a dieci anni come leader di mercato in Italia nel segmento degli investimenti alternativi, attraverso una vera e propria “democratizzazione” dell’economia reale, finora appannaggio di investitori istituzionali.

Quando Azimut invierà ai suoi clienti il rendiconto sui costi previsto da Mifid 2?
Sarà di agevole lettura come ha chiesto Consob? Il nostro è un settore iper regolamentato e Mifid 2 è solo una delle tante normative con cui ci dobbiamo confrontare. Aumentano i costi per operare e diminuiscono le possibilità di innovare per cui tutto il settore in generale soffre non solo in termini di margini. Relativamente ai rendiconti alla clientela, che invieremo fra poco e comunque entro l’estate, essendo studiati per essere coerenti con le disposizioni normative saranno per definizione chiari e trasparenti con i costi dei prodotti e dei servizi esplicitati. I nostri rendiconti permetteranno di trasferire al cliente il livello di servizio offerto: una rete di consulenti altamente specializzata, l’ampia gamma di prodotti, l’interazione con il cliente per aumentarne anche la cultura finanziaria
Cosa pensi della richiesta fatta a Consob da Assoreti, Abi e Assogestioni di rinviare il rendiconto? L’industria è sembrata giocare di melina anziché scommettere con coraggio sulla trasparenza… Non conosco quale sia stata la genesi della richiesta avanzata dalle diverse associazioni, ma se l’intento può essere corretto la tempistica sembra esserlo meno. Detto questo credo che una maggiore omogeneità nella presentazione delle informazioni vada a beneficio di tutti, in primis dei clienti

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