Consulenza noir: Nicaragua, i reali sauditi, il figlio di Gelli e un radiato

Una storia di consulenza che si svolge tra l’Italia e il Nicaragua, con 16 milioni di euro impiegati per un fantomatico investimento immobiliare, volto a creare una nuova “Costa Smeralda” nel Paese del Centro America. Gli attori coinvolti sono un consulente romano, una famiglia di ereditieri, funzionari diplomatici. Nelle pagine dell’inchiesta vengono menzionate anche la famiglia saudita e il figlio di Licio Gelli, il fondatore della loggia P2. Sembra l’episodio di una serie televisiva noir, ma la storia riportata dal Corriere Della Sera sarebbe avvenuta veramente.

Le vittime sono i famigliari di un imprenditore deceduto, che da un giorno all’altro si trovano in mano un patrimonio di 42 milioni di euro. Per gestirlo, si affidano a un consulente finanziario di nome Antonio Ercolani, che risulta radiato dall’albo Ocf con una delibera della Consob datata 14 novembre 2018. Come riporta il Corriere, “Ercolani diventa negli anni un factotum che prende in mano non solo la gestione finanziaria del patrimonio, ma anche quella quotidiana di conti correnti, carte di credito, operazioni bancarie”. Il consulente sarebbe arrivato a falsificare anche il profilo di rischio della vedova di 74 anni, diventata di colpo una professionista del settore pronta a intraprendere investimenti spregiudicati. Come del resto lo era l’acquisto, tra il 2013 e il 2015, di 16 milioni di euro di obbligazioni emesse da tale Santa Marta Development che venivano stampate in una copisteria di Viterbo. I soldi così raccolti dovevano, in teoria, essere impiegati per costruire un resort di lusso in Nicaragua.

Tutto emerge da un’indagine della Procura di Milano con al centro la bancarotta della Hi Real spa, società rilevata dalla Santa Marta Development poco prima del fallimento. Nel dicembre 2018 finiscono in carcere Ercolani, il titolare di una fotocopisteria di Viterbo e il presunto faccendiere Franco Maria Mattioli: accusati dai pm di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, all’intestazione fittizia di beni, al riciclaggio, all’auto riciclaggio e appropriazione indebita.

Gli inquirenti ipotizzano che la truffa abbia retto per 4 anni grazie al coinvolgimento di sempre nuovi investitori, che con i loro soldi avrebbero coperto le spese precedenti. Un’organizzazione a delinquere che avrebbe avuto l’obiettivo, scrive il Corriere, “di arrivare fino alla famiglia reale saudita”. Il tutto, secondo le ricostruzioni sempre del Corriere, sarebbe avvenuto con l’appoggio dell’ambasciatore italiano in Nicaragua, Alberto Boniver. Tra le carte dell’inchiesta si menzionano mail inviate a un fantomatico “amico di Arezzo” che sarebbe il figlio di Licio Gelli, Maurizio, ambasciatore del Nicaragua in Italia (che tuttavia non risulta indagato). La vicenda arriverà a sentenza già a luglio, ma a quanto rivela il quotidiano milanese, un altro filone di inchiesta legato a Ercolani starebbe emergendo.

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