Consulenti, preparatevi alla fine dei mercati

Nello splendido libro “Distracted Mind”, edito da Franco Angeli, Adam Gazzaley e Larry D. Rosen spiegano che l’inserimento di un’interruzione nel ciclo percezione-azione rappresenta una fondamentale pietra miliare nell’evoluzione del nostro cervello. “Durante questa pausa, entrano in campo processi neurali altamente evoluti che soggiacciono alla nostra capacità di fissare un obiettivo. Questa capacità di valutare, prendere una decisione, organizzare e pianificare fa saltare l’automatismo del ciclo e influenza tanto le percezioni quanto le azioni attraverso associazioni, riflessioni, aspettative e valutazioni emotive. Questa sintesi è la vera vetta raggiunta dalla mente umana, la creazione di obiettivi di alto livello”.

Come sottolineato nel mio precedente articolo dello scorso 15 maggio, l’attuale classe dirigente è consapevole di aver procrastinato per decenni la risoluzione di problematiche strutturali. Per questo motivo sta cercando, in primo luogo non concedendo la fisiologica pausa alla crescita dei mercati, di ritardare ulteriormente la gestione di tali contingenze, almeno fino al termine del proprio mandato.

Il costo della stabilità dei mercati – In aggiunta al ben noto impoverimento della popolazione derivante dalla presenza di tassi di interesse reali negativi, Yuwa Hedrick-Wong ha dimostrato che, sebbene risulti controintuitivo, i bassi tassi portino ad una minore distribuzione di credito al settore reale da parte delle banche, in primo luogo per la non convenienza nel sostenere i costi di due diligence a fronte di margini di intermediazione ridotti. Capital Economics stima che nei paesi avanzati i finanziamenti erogati dal comparto bancario ai privati, tra la fine del 2017 ed il primo trimestre del 2019, siano cresciuti ad un tasso annuo del 4%, sotto la media storica del 4,6%.

I cicli economici sono guidati dal processo del credito, per questo la crescita di medio e lungo periodo verrà danneggiata dal corrente livello dei tassi. La liquidità a basso costo consente il mantenimento di aziende non redditizie, con un evidente danno per la società nel suo complesso derivante da un’allocazione non efficiente delle risorse, come dimostra la crescita delle zombie stocks (imprese per le quali il pagamento degli interessi sul debito supera i profitti della gestione operativa).

Grafico 1

Mercati vs tecnologia – I mercati nascono per ridurre i costi di transazione e la finanza per sostenere progetti complessi. Il loro sviluppo ha consentito nel mondo classico l’approvvigionamento alimentare nelle città, successivamente l’esplorazione europea di Asia e America, lo sviluppo industriale (prevalentemente la seconda, non la prima rivoluzione industriale) e numerose altre attività che hanno plasmato la nostra struttura economica, sociale e politica, nonché le competenze tecniche e scientifiche più avanzate. Schumpeter sbagliava nel ritenete la tecnologia, e non il mercato, la protagonista del processo di crescita. Senza mercato infatti ci sarebbero un minor numero di innovazioni tecnologiche, ma soprattutto quelle presenti non si diffonderebbero. La macchina a vapore non innescò la rivoluzione industriale nell’antichità e la diffusione del mulino a vento non avvenne nella Roma imperiale, sebbene la rispettiva tecnologia fosse conosciuta ai contemporanei. Il mercato e le sue regole sono una componente importante nell’innesco dei cambiamenti tecnologici che trasformano radicalmente la produzione e l’organizzazione economica e sociale.

Mancanza di fiducia – Il livello di esposizione ai mercati da parte di famiglie ed investitori istituzionali non è elevato (per questi la liquidità è scesa ai minimi degli ultimi 6 anni, ma risulta comunque superiore ai valori del 2007).

Grafico 2

Il 55% dei volumi trattati sul NYSE è generato da algoritmi. Il livello di liquidità in numerosi mercati (interbancario statunitense in primis) richiedono un costante monitoraggio da parte dei policy maker.

Grafico 3

Nonostante sia chiaro che classe politica ed autorità monetarie faranno tutto il possibile per mantenere i mercati su livelli elevati, timorosi delle ripercussioni derivanti da una fisiologica correzione, sempre in meno credono che i corsi siano sostenibili. Una recente ricerca di UBS Global Wealth Management ha sottolineato che la maggior parte dei propri clienti HNWI si aspetti uno storno entro la fine dell’anno e per questo il 25% dei loro asset è in liquidità.

La fine dei mercati – Il settore bancario non alloca risorse all’economia reale, a causa dei tassi negativi, il mercato finanzia aziende non redditizie, i prezzi degli asset non costituiscono più un veritiero patrimonio informativo, a seguito degli interventi stabilizzanti dei policy maker, persone fisiche ed istituzionali stanno partecipando marginalmente ai rialzi, guidati da algoritmi ed autorità monetarie, arrivando a preferire soluzione illiquide, piuttosto della presunta liquidità degli strumenti quotati, decretando il venir meno delle caratteristiche e finalità dei mercati emerse nel corso dei secoli.

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