Consulenti, meglio occupati che preoccupati

A cura di Maria Grazia Rinaldi

“Le piccole menti, hanno piccole preoccupazioni; le grandi menti… non hanno tempo per le preoccupazioni”, scriveva lo scrittore e filosofo americano Ralpho Waldo Emerson. Spesso passiamo il nostro tempo a preoccuparci più che a occuparci delle cose. La preoccupazione è un’attività della mente che serve a produrre vari scenari possibili, spesso alcuni molto improbabili. La nostra mente ce li mostra per cercare di vedere in anticipo un eventuale pericolo a cui potremmo andare incontro, ovviamente è un processo che viene messo in atto per proteggerci. È importante quindi  sottolineare che la preoccupazione ci ha permesso di sopravvivere ed evolvere. La nostra mente ha come unico obiettivo il nostro benessere. Il problema nasce nel momento in cui iniziamo a preoccuparci troppo e a occuparci poco.

Impegnarsi ad agire
Studi scientifici sostengono che una preoccupazione costante riduce drasticamente la disponibilità di risorse cerebrali che vengono impiegate dalla preoccupazione stessa. Cosa ben diversa è occuparsi, perché passiamo dal pensiero all’azione, cercando in modo operativo delle soluzioni. Occuparsi non significa smettere di soffrire, ma impegnarsi ad agire, su quanto è in nostro potere fare. Ci sono alcuni eventi che, oggettivamente, non si possono cambiare e bisogna solamente accettare. Se noi consideriamo i miglior consulenti finanziari, i grandi manager, i top performer, non sprecano il proprio tempo a preoccuparsi bensì a occuparsi delle loro questioni. La gran parte di loro utilizza le proprie risorse per risolvere i problemi piuttosto che sprecarle per ingigantirli. Non sto dicendo che non dobbiamo più preoccuparci ma cerchiamo di spostare la nostra attenzione su ciò che nella nostra vita è in nostro potere controllare. Quando perdiamo il nostro tempo a “rimuginare”, il nostro pensiero diventa ripetitivo, negativo, incontrollabile, non è orientato all’azione, ma solo alla produzione di altri pensieri negativi.

Il potere di fare
Quando il pensiero diventa ridondante ci impedisce di concentrarci sui pensieri felici, perché tendiamo a vedere solamente eventi catastrofici. È un modo questo per poter anticipare e indirettamente controllare un potenziale evento temuto. Quando ci troviamo in questi momenti in cui il nostro pensiero è bloccato, proviamo a porci delle domande che orientano all’azione, facendoci così uscire dal pensiero ossessivo.

Proviamo a chiederci: quanto è utile, in questo momento, concentrarsi sull’immaginare possibili scenari negativi? Cosa posso fare ora per evitare le conseguenze tanto temute? Se non ho la possibilità di agire sull’evento, quanto è utile per me perdermi in questi pensieri? Che cosa è in mio potere fare ora? Quando siamo preoccupati, agiamo. Sostituiamo i nostri pensieri disfunzionali con azioni produttive. La preoccupazione può essere utile solo quando ci spinge ad agire. E come disse uno statista come l’ex presidente americano Andrew Jackson: “Prendi tempo per pensare; ma quando arriva il momento giusto dell’azione: smetti di pensare e agisci”.

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