Enasarco e una partecipazione partecipata

Vi proponiamo di seguito una lettera inviataci da Manlio Marucci, presidente di Federpromm, in seguito all’articolo Consulenti, su Enasarco bisogna tagliare i ponti col passato a firma Elio Conti Nibali.

Ho letto con molta enfasi e curiosità l’articolo di Conti Nibali uscito qualche giorno fa su Bluerating a proposito di Enasarco, alla sua gestione e alle criticità che nel corso degli anni ne ha messo  in evidenza  la sua immagine per non dire credibilità, quale fondo pensione obbligatorio per gli agenti e pensionati iscritti e soprattutto per le scarse attenzioni riservate alla previdenza complementare dei consulenti finanziari. Lanciando un “allarme” o perlomeno un “avviso accorato” verso i nuovi interlocutori che dalla competizione elettorale ne andranno poi ad assumere la complicata gestione, Conti Nibali ne anticipa con ciglia asciutta le sue contraddizioni. Un appello che per certi versi se ne condivide il suo valore etico e professionale ma che non intaccano –a mio parere  – la sostanza o meglio il substrato degli equilibri e delle forze in campo che ne hanno determinano e forse ne determineranno le sue attività future. 

Prima di ogni considerazione politica, ritengo però che sia utile – partendo dal presupposto dello schema teorico generale e giuridico-formale di ogni democrazia – che vada tenuta presente la seguente relazione, ovvero: ogni sistema sociale,indipendentemente dalla sua forma e natura di come sia organizzato attraverso le sue istituzioni deve – come valore collettivo –  soddisfare le esigenze di ogni singolo individuo e della comunità di cui appartiene; un sistema che sia funzionalmente integrato ed interagente come modello di riferimento e di prospettiva positiva senza creare problemi di funzionamento allo svolgimento delle sue attività e del  ruolo a cui è chiamato come  funzione sociale, 

In realtà il tema di fondo sollevato dal dirigente di grido dell’Anasf  ha sicuramente una solida base di verità che affronta i  vari aspetti su Enasarco: dal  suo modello di struttura organizzativa alla sua articolata e complessa gestione; dal sistema giuridico-normativo che ne regolamenta il suo funzionamento e funzionalità allo stile del  modello politico della governance, ma soprattutto dal modo come sono destinate le risorse finanziarie del vasto patrimonio accumulato da oltre settanta  anni dai versamenti degli agenti iscritti (circa otto miliardi di euro). Il j’accuse  di Conti Nibali se pur ne ha evidenziato  le criticità – a parere di chi scrive –  sembra più un grido di allarme che non ne intacca minimamente le dinamiche interne, oggettive e quelle  sottostanti che ne hanno determinato nel corso degli anni la sua scadente funzionalità rispetto ai reali problemi che vivono e percepiscono gli oltre 220mila iscritti alla Fondazione. Piuttosto si rilevano fonte di contestazione alla attuale gestione che ne amplificano lo scontro con inefficaci proposte alternative.  

Il voler sottolineare poi e dare importanza a come sono investite le risorse finanziarie e come queste dovrebbero essere allocate tra i vari strumenti finanziari che corrispondano ai criteri logici e razionali nel rispetto delle politiche e strategia della Fondazione per  mantenerne l’equilibrio di sostenibilità nel medio-lungo termine tra contribuzioni e prestazioni, ci fa capire come il dirigente dell’ Anasf sia un profondo conoscitore della materia, attento e scrupoloso a tali questioni  e voglia  – sembra di capire – mettere mano in prima persona,  attraverso i suoi potenziali referenti dell’associazione che rappresenta e che parteciperanno alla prossima competizione elettorale prevista per aprile 2020 alla gestione diretta dello stesso patrimonio mobiliare dell’Ente. Un atteggiamento  sicuramente ambizioso che va rispettato nelle sue dichiarazioni  ma probabilmente privo di un’analisi critica e sostanziale con cui si determinano i rapporti di forza messi in campo dalle organizzazioni e realtà che  partecipano democraticamente alla prossima competizione elettorale: “avere un comune  interesse ad una corretta e democratica  governance di Enasarco

Il fatto stesso che il ruolo dell’Anasf, contrariamente a Federpromm , abbia giocato su diversi tavoli la vasta e complessa problematica della previdenza in capo ai consulenti, agenti finanziari già dopo la riforma Dini del 1995 sulle pensioni e ancor prima dall’istituzione dell’albo dei Pf del 1992,  non è che una manifestazione  inconsapevole  per non aver compreso profondamente “allora” le dinamiche contrattuali del settore e  le ampie storture  di una politica professionale  legata a logiche partigiane  portata avanti in tanti anni dalla stessa associazione a tutela della categoria rappresentata.

Dietro la crosta sottile dei conformismi e dei proclami di “attenti al lupo”  va invece  riaffermato  il principio di fondo che una realtà così complessa deve avere una partecipazione e un’autonomia di giudizio aperta al dibattito su idee e sui dati reali. Sarebbe infatti utile e produttivo, contrariamente agli slogan populisti  -oggi tanto di moda –  che si affermi   il principio di voler cambiare la governance di Enasarco e il suo modus operandi attraverso  una “partecipazione partecipata” di tutte le forze in campo coinvolte per il bene della stessa Fondazione e di tutti i suoi iscritti. Una realtà con cui bisogna decidere di fare i conti.

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