Consulenti, dove Mifid 2 ha fatto fiasco

“La Mifid 2 ha bisogno di correttivi”. A pensarla così è Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti, che ha rilasciato un’intervista a Focus Risparmio, portale d’informazione di Assogestioni.  Di seguito ne riportiamo alcuni passaggi (clicca qui per la versione integrale), utili a fare il punto a ormai due anni dall’introduzione della normativa europea che ha riformato la distribuzione dei prodotti finanziari: “Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea “, ha detto Tofanelli, “tale revisione oggi si impone, non solo per tener conto dell’evoluzione del mercato, l’innovazione tecnologica, l’introduzione dei fattori di sostenibilità e l’attenzione all’economia reale, ma anche come tecnica di produzione normativa che accolga quelle applicative del diritto orientate alle conseguenze, con scelte giustificate in funzione delle conseguenze sui comportamenti” degli operatori finanziari, consulenti in primis.

Passati due anni, il dirigente di Assoreti fa un piccolo bilancio dei risultati ottenuti da Mifid 2: “Ci sono fattori positivi, per esempio la centralizzazione del servizio di consulenza, la valorizzazione della qualità del servizio reso al cliente, la trasparenza dei costi a carico dei risparmiatori, mentre altri sono più critici, soprattutto in relazione all’applicazione di secondo livello che se ne è data, per esempio, la product governance e la stessa trasparenza dei costi”. Per Tofanelli, infatti, su questo punto i risultati non sarebbero stati quelli più auspicati:  “Sul tema dei costi e oneri la Mifid 2 ha mostrato i limiti sopra evidenziati, in un contesto di difficile equilibrio. Le norme, caratterizzate da un eccessivo grado di dettaglio, sono risultate di difficile attuazione e non hanno centrato l’obiettivo di assicurare una piena omogeneità dei criteri di misurazione dei costi e oneri da parte degli intermediari nel mercato e del loro impatto sul rendimento. D’altronde, la standardizzazione eccessiva è l’antitesi della concorrenza”.

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