Consulente, che botta: hai perso il 5-10% dei margini

Alla fine il temuto effetto sui margini è arrivato e sul fronte della trasparenza c’è ancora molto da fare. Potrebbero essere sintetizzati così i primi due anni dall’entrata in vigore di Mifid 2, la direttiva europea sulla trasparenza dei costi dei prodotti finanziari che tanto aveva spaventato gli esponenti dell’industria del risparmio gestito. Per fare un primo bilancio, BLUERATING ha chiesto il parere di Luca Galli (nella foto), partner EY financial services, su quali siano stati, finora, gli effetti concreti della temuta Mifid 2: “Per ora c’è stato un impatto del 5-10% sui margini dei consulenti finanziari, anche se èmeno di quello che ci si sarebbe aspettato. Mentre per la transizione in riferimento ai costi applicati ai clienti ci aspettiamo effetti significativi non prima del 2020 o 2021”.

Nessun fallimento
Per alcuni, gli effetti in Italia, nel bene come nel male, si sono fatti sentire meno rispetto all’Europa: “L’applicazione della prima Mifid in Italia era tra le migliori e tra le più rigorose nel continente”, sottolinea Galli, “forse per questo con Mifid 2 non è stato percepito un grande cambiamento, mentre in altri paesi c’è stata una corsa maggiore per adeguarsi alle nuove disposizioni”. L’esperto di EY non è d’accordo con chi dice che la Mifid 2 abbia già fallito: “Probabilmente l’industria del risparmio gestito poteva avere più coraggio”, osserva, “invece la sensazione è che molti siano rimasti sui blocchi di partenza per vedere cosa avrebbero fatto gli altri”.

Giudizi prematuri
È comunque prematuro dare giudizi definitivi su quello che è stata Mifid 2, che comunque non ha ancora portato svolte nette sul piano della trasparenza dei costi, con molte banche-reti autrici di interpretazioni al ribasso delle nuove disposizioni e rendiconti piuttosto carenti sotto tutti i punti di vista: “Ci vuole più tempo per valutare gli effetti delle nuove norme”, spiega l’esperto. C’è poi un altro aspetto che non è da sottovalutare, secondo Galli: “In Italia non c’è grande percezione degli effetti portati da Mifid 2 perché il Paese sconta una certa arretratezza sul fronte dell’educazione finanziaria, e questo purtroppo lo dicono varie ricerche. Così molti aspetti dei rendiconti rimangono di difficile comprensione per il cliente anche dopo Mifid 2”. A fronte di risultati per ora non del tutto convincenti, c’è chi addirittura promuove la progettazione di una Mifid 3. Ma per l’esperto di EY, prima di pensare a una nuova normativa, occorrerebbe dare piena applicazione alle disposizioni di quella da poco entrata in vigore: “Quello che è appena trascorso è stato un anno di assestamento. Dal nostro osservatorio, vediamo un’authority sempre più attiva nelle sue attività di controllo che, a partire dall’anno prossimo, saranno sempre più puntuali”.

Tecnologia alleata
Un alleato insospettabile dell’industria del risparmio gestito, per l’esperto di EY, è la tecnologia che permetterà una migliore profilazione del cliente e, quindi, anche la proposizione di prodotti più in linea con le esigenze del cliente. Cosa, tra l’altro, che è uno degli obiettivi che si poneva la Mifid 2 e permetterebbe addirittura di combattere l’erosione dei margini: “Nel mondo della consulenza e della gestione del risparmio”, continua Galli, “le banche hanno perso l’occasione per investire di più sulla tecnologia al fine di ottenere una migliore profilazione del cliente. Perché più questa sarà puntuale al momento della sottoscrizione di un prodotto finanziario, creditizio o assicurativo, più si avranno a disposizione strumenti di analisi avanzata. Cosa molto utile per progettare prodotti su misura, per i quali il cliente non baderà al costo”. Però è anche vero che nel mondo dei consulenti finanziari c’è una grande paura per l’avanzare della tecnologia. Un po’ perché si tratta di una categoria professionale di età avanzata, quindi meno avvezza ad avvalersi di strumenti digital, e un po’ perché ha paura di essere sostituita dai robo advisor nel suo lavoro: “Non va dimenticata la componente personale e di fiducia che si instaura tra cliente e consulente. In Italia, più che da altre parti, questa componente è più spiccata. L’elemento umano è fondamentale. Un robot non saprà mai comunicarti una perdita. Il consulente svolge una funzione ampia, cioè che va al di là del mero rapporto finanziario con la clientela: con il professionista ci si confida per risolvere questioni ereditarie e trasferimenti di asset. Questa cosa non verrà mai meno. Credo che per almeno 10-15 anni il consulente in carne e ossa avrà ancora un ruolo cruciale e fondamentale

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