Consulenti, diario della quarantena. Una rubrica che racconta la vita e le emozioni dei protagonisti italiani del mondo dell’advisory ai tempi del Coronavirus. Senza formalità, come una pagina bianca su cui scrivere.
Maurizio Bufi è l’attuale presidente di Anasf, associazione che ha guidato per due mandati e che ora, a causa dell’emergenza coronavirus, si trova ancora a condurre in regime di prorogatio, almeno fino al Congresso di giugno.
Il presidente sta passando la quarantena nella sua Terni e da lì continua a occuparsi con la passione di sempre delle vicende di Anasf e dei consulenti finanziari. “Sono molto impegnato, più di quanto potessi immaginare”, racconta a Bluerating il presidente, che oltre ai suoi ruoli istituzionali ha anche l’attività di consulente da portare avanti, “uno dei requisiti importanti di chi svolge un’attività come la nostra, del resto, è l’adattabilità a contesti inattesi come questi. In ogni caso, comunque, non mi voglio lamentare e sto vivendo la cosa con spirito costruttivo”.
“Che cosa mi manca di più? Può sembrare banale, ma è il contatto umano. La nostra è un’attività che più di altre vive e si alimenta della relazione ed è fatta da incontri fisici con le persone. Io, e come me molti altri colleghi, ho accentuato di molto l’operatività da remoto. Il che significa molti contatti telefonici e videochiamate, più posta elettronica. Per fare comunicazione, utilizzo anche mini video girati con il cellulare o l’Ipad. Gli strumenti sono i più vari. Del resto, noi siamo specialisti della relazione e questa non può mai interrompersi di netto”.
Questa emergenza può essere l’occasione per portare tutti a evolversi e ad avere un rapporto più intenso con la tecnologia dei nostri tempi: “Questo contesto può essere il momento per scoprire le potenzialità delle piattaforme online messe a disposizione dalle società. Chi era già avvezzo a utilizzarle è partito avvantaggiato, mentre chi non le usava ha dovuto adattarsi e trovare modalità por portare avanti comunque la sua attività. In una fase di mercato così critica, del resto, non lavorare costituirebbe un grande danno di natura reputazionale”.