Consulenti, ecco come sono cambiati i vostri clienti (e i loro portafogli) dopo il Coronavirus

Articolo a firma di Massimo Scolari, tratto da LinkedIn.

La fortissima volatilità dei mercati del mese di marzo, come sempre accade nelle fasi di forte correzione, ha alimentato tra gli investitori preoccupazioni e apprensioni.

La crisi che si è abbattuta sui mercati finanziari origina dagli effetti che la pandemia Covid-19 porterà al sistema economico. L’impatto, che si prevede molto consistente sull’economia reale e sui redditi personali, costituisce un fattor di grande preoccupazione per le famiglie.

In una situazione che non ha precedenti nella storia recente, gli effetti sulle scelte di natura economica e finanziaria delle famiglie potrebbero essere consistenti.

Risparmio precauzionale e avversione al rischio

In primo luogo, il maggior grado di incertezza risulta spesso una determinante di una maggiore propensione al risparmio, soprattutto per finalità precauzionali, con aumento delle disponibilità liquide risultanti dal maggiore risparmio e dalla liquidazione di asset finanziari.

Negli Stati Uniti, dove le statistiche economiche vengono elaborate più rapidamente, nel mese di marzo si è osservata una forte crescita del tasso di risparmio delle famiglie passato, che in un solo mese è passato dall’8% al 13%.

L’aumento della liquidità delle famiglie è testimoniato dalla brusca accelerazione della quantità di moneta M2 (nel mese di aprile il tasso di crescita annuo si è portato al 18%), che si accompagna ad un importante flusso di riscatti dai fondi di investimento.

Nel nostro paese, in assenza di dati aggiornati da fonti ufficiali, si può far riferimento ad informazioni di natura campionaria. L’ultima rilevazione condotta a metà del mese di marzo da Wealth Insight, a cura di Ipsos e Prometeia, evidenziava un netto aumento dell’avversione al rischio degli investitori.

Il 50% delle famiglie con un patrimonio superiore a 100 mila euro dichiaravano di non voler assumere alcun rischio finanziario, in forte crescita rispetto al dato di un anno fa (29%). La propensione ad assumere rischi al fine di ottenere rendimenti superiori passa dal 30% all’8% del campione considerato nell’ultimo anno.

I riscatti dai fondi

I dati relativi all’industria europea dei fondi di investimento (Morningstar) evidenziano per il mese di marzo riscatti netti di entità significativa (287 mld), il 2,6% delle masse in gestione.

Si noti che l’aggregato dei fondi europei, comunicato da Morningstar, include gli ETF, i quali hanno avuto una raccolta netta negativa del 2,4% (in linea con i fondi attivi) ma un maggiore effetto dalla caduta dei mercati (-10,7%)

Nel nostro paese i flussi dei riscatti sono risultati più attenuati. Le statistiche relative al mese di marzo rilevano uscite nette per 10,7 miliardi, un dato che è pari a circa l’1% delle masse in gestione.

Come rilevati da alcuni commentatori, l’impatto della forte discesa dei mercati a marzo ha avuto un impatto minore sui portafogli dei clienti italiani, mediamente più focalizzati sugli investimenti obbligazionari. L’effetto mercato sui fondi in Italia è stato infatti del 7,1% contro il 9,6% registrato dai fondi europei

Il confronto con il mese di settembre 2008

Quanto accaduto sui mercati finanziari nel mese di marzo e aprile può fornire alcune indicazioni sul comportamento degli investitori nella fasi caratterizzati da elevata volatilità dei prezzi di mercato anche raffrontando le reazioni degli investitori in situazioni passate di estrema criticità.

Alcuni osservatori hanno ad esempio messo a confronto la raccolta negativa dei fondi osservata nel mese di marzo 2020 rispetto a quanto osservato nel settembre 2008, mese epicentro della grande crisi finanziaria internazionale.

La sola osservazione dei dati fa emergere profonde differenze relative al contesto nel quale la crisi si è manifestata. Nel settembre 2008 i deflussi dai fondi in Italia furono pari a 9,5 miliardi, un importo in valore assoluto non molto diverso dal dato di marzo 2020, ma assai più rilevante se commisurato alle masse in gestione che allora erano meno della metà dei volumi attuali. Complessivamente nel 2008 i riscatti netti furono di 140 miliardi e proseguirono, anche se in misura più contenuta, per gran parte dell’anno successivo.

Il dato negativo della raccolta di marzo 2020 giunge invece in un contesto assai differente che ha visto accrescere negli ultimi anni in modo consistente la raccolta dei fondi. I dati sembrano quindi confermare che l’evoluzione della raccolta netta dei fondi è maggiormente influenzata dall’andamento del mercato del medio periodo (12-18 mesi) piuttosto che da variazioni mensili anche se dirompenti.

Rispetto alla situazione di dieci anni fa, la quota di investitori che effettuano scelte di investimento assistiti da consulenti finanziari si è accresciuta e, nello stesso tempo, la stessa consulenza agli investimenti ha elevato gli standard di protezione degli investitori.

La reazione più controllata degli investitori italiani potrebbe quindi derivare da una composizione del portafoglio mediamente più prudente e ancorata alla contenuta propensione al rischio che tradizionalmente contraddistingue le famiglie italiane nelle proprie scelte di investimento.

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