Consob: banche e fondi italiani hanno retto all’impatto del Coronavirus

Vi proponiamo di seguito il testo integrale dell’audizione informale del Presidente della Consob Prof. Paolo Savona, del Segretario generale Carlo Deodato e della Responsabile Divisione Mercati Maria Antonietta Scopelliti presso la Commissione Parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario in merito all’attuale situazione dei mercati finanziari dopo la crisi economico-finanziaria conseguente alla pandemia sanitaria.

Parto da alcune statistiche necessarie per collocare il problema nei compiti assegnati dalla legge alla Consob di contribuire al buon funzionamento del mercato finanziario, dove le banche svolgono un ruolo importante dal 1993, quando passarono dal regime specialistico a quello universale.

Nel 2019 le banche italiane erano in via di superamento della crisi del 2008, una tendenza che sembra essersi interrotta nei primi mesi del 2020, a seguito dello scoppio della pandemia Covid-19.

L’attività tradizionale delle banche italiane (fonte ABI) ha beneficiato dell’aumento della propensione alla liquidità tipica dei momenti di incertezza, che è iniziata prima della crisi sanitaria e si è rafforzata a seguito di questa. Infatti, nell’anno che ha termine nell’aprile 2020 esse hanno raccolto nuovi depositi per un ammontare pari a 95 mld di euro, ma hanno ridotto di 11 mld la loro raccolta obbligazionaria, già in crisi dopo l’introduzione del bail in.

Nello stesso periodo i crediti bancari alla clientela sono diminuiti di 10 mld di euro, come pure si è ridotto di 31 centesimi (scendendo all’ 1,53%) il rapporto sofferenze nette/impieghi. La posizione di rischio dell’attività bancaria dipende dalla capacità di rimborso dei crediti in essere che segue il ciclo degli andamenti dell’attività produttiva, sulla quale oggi gravano le maggiori incertezze. Se nel complesso le banche assumono un atteggiamento di prudenza, esso non si può giudicare errato.

Le banche dichiarano di gestire 1.134 mld di euro di risparmi in forma di titoli, l’indicatore principale della loro presenza sul mercato finanziario. Pertanto esse gestiscono una larga fetta di questo mercato, attraverso il quale, beneficiando delle commissioni, possono integrare l’esiguo margine di interesse dovuto alla politica monetaria “non convenzionale”, pur necessaria per la stabilità dell’intero sistema finanziario e il sostegno all’attività reale.

Le informazioni disponibili (fonte Banca d’Italia) indicano che a fine settembre 2019 il risparmio in forme monetarie e finanziarie delle famiglie italiane ammontava a 4.396 mld di euro. È ragionevole attendersi che l’importo abbia finora retto alla crisi e che l’impatto sia stato sulla composizione del portafoglio complessivo. Valga l’esempio del risparmio gestito che, a fine aprile 2020, ammontava a 2307 mld (fonte Assogestioni) e si è ridotto di 129 mld rispetto al dicembre 2019, indirizzandosi verso i depositi bancari (i citati 95 mld) e il residuo di 34 mld, presumibilmente, verso titoli esteri, riserve assicurative o altre forme minori.

Rispetto ad altri paesi, anche i nostri Fondi di investimento hanno retto bene alle incertezze della crisi, contrariamente a quelli di altri paesi che hanno incontrato difficoltà a rimborsare il riscatto delle quote e alcuni hanno anche sospeso il rimborso.

Questi risultati confermano la solidità e resilienza del risparmio italiano come pilastro del benessere sociale, ancor prima che economico. Su di esso ho sempre richiamato l’attenzione come fattore di stabilità sistemica entro cui collocare il più popolare rapporto debito pubblico/PIL; le fluttuazioni di costo/rendimento dei titoli di Stato, che incidono nelle gestioni bancarie, allontanano i risparmiatori dall’acquisto di questi titoli e si riflettono sulle quotazioni delle altre attività finanziarie, essendo legate alle fluttuazioni dello stato della fiducia. La BCE controlla la situazione finalizzando allo scopo la nuova creazione di base monetaria.

Nella sua lettera di invito all’audizione, la Presidente di questa Commissione mi ha chiesto anche di esprimere un giudizio sugli interventi introdotti dal Governo con i decreti-legge n. 18 e 23 del 2020, relativamente al settore bancario e finanziario. Essi sono stati attentamente vagliati dalla Consob, che ha anche collaborato alla messa a punto di alcuni provvedimenti. Considerato che essi tengono conto delle risorse pubbliche a ciò destinabili e che hanno come obiettivo prioritario i bisogni urgenti di liquidità e di sostegno alle piccole imprese, la mia valutazione è positiva. Ho però già chiesto nelle mie due recenti udienze alle Commissioni competenti della Camera dei Deputati che sarebbe opportuno estendere al capitale di rischio le garanzie concesse all’indebitamento per affrontare il problema del peggioramento della leva finanziaria dal lato del debito, che diverrà sempre più un punto di attenzione da parte del mercato. Con questo provvedimento si impegnerebbero i beneficiari a ben gestire il risparmio a essi affidato e a spartire con i risparmiatori i possibili benefici, evitando di privatizzare i guadagni e socializzare le perdite. Ho anche suggerito, partendo dal caso specifico dell’intervento pubblico per la Banca Popolare di Bari, che occorre sperimentare i metodi Fintech per la concessione del credito, poiché i metodi tradizionali basati su indicatori finanziari del passato, proiezioni econometriche del futuro e valutazioni soggettive dei manager non funzionano e inducono le banche a ridurre le esposizioni al rischio per prudenza o all’azzardo morale nella concessione.

L’attività svolta dalla Consob a seguito degli sviluppi della crisi ha avuto come obiettivo, da considerarsi intermedio, il buon funzionamento del mercato finanziario, avendo sempre presente l’obiettivo finale di protezione del risparmio, un valore tutelato dalla Costituzione. L’allegato a questa presentazione elenca le 21 decisioni prese per fronteggiare gli effetti della crisi sanitaria. Rinnovo in questa sede la mia valutazione che vi sia la necessità di rafforzare gli strumenti finanziari di intervento per il raggiungimento dell’obiettivo costituzionale da perseguire.

Circa la borsa azionaria, il principale indicatore delle condizioni del mercato bancario e finanziario, si evince che i nostri operatori non sembrano attribuire un sufficiente peso positivo agli shock absorber di cui beneficiano le banche italiane a seguito della politica monetaria europea e delle nostre decisioni di politica fiscale. L’indice FTSE banche è sceso del 38,2% rispetto a un anno prima (ossia di oltre un terzo del valore complessivo delle banche quotate), meno della discesa del Dow Jones Euro Stoxx Banks (-46,9%). Se ne deduce che la crisi Covid-19 riguarda l’intero mercato bancario europeo, come è logico che sia, dato che il complesso dell’economia reale UE è esposto a una grave crisi.

L’andamento negativo delle quotazioni della Borsa italiana a seguito della decisione del 19 maggio ha fatto ritenere che il provvedimento di ripristino delle operazioni allo scoperto, deciso in simultanea con altre importanti autorità del mercato finanziario di altri paesi, abbia avuto un ruolo negativo sui valori complessivi delle azioni, ma quel giorno le contrattazioni di questo tipo sono state pari a circa due centesimi di punto sul totale; la loro trascurabile dimensione è continuata nei giorni successivi. Le azioni delle banche sono state maggiormente esposte alle vendite allo scoperto, ma anch’esse sono state modeste, pari a poco più dell’1,2% del totale. Molte delle vendite allo scoperto registrate sono state il riflusso delle operazioni che si svolgevano nelle borse europee che non avevano approvato la decisione congiunta in sede Esma, a conferma che mercati aperti richiedono decisioni congiunte.

Questo non significa che le banche italiane e il mercato finanziario nelle sue diverse accezioni si possono considerare fuori dalla crisi economica in corso, ma che la loro uscita dipende dalla ripresa produttiva, nei due aspetti della entità e rapidità con cui si presenterà. La politica economica è alla ricerca di una necessaria interazione positiva tra crescita reale e stabilità bancaria e finanziaria, ma deve anche perseguire la protezione del risparmio; la sua ”eutanasia”, che Keynes giustificò per uscire da uno stato di sottooccupazione, dovrebbe avere limiti temporali e quantitativi, dato che la bassa remunerazione delle attività finanziarie in cambio della loro liquidabilità sembra essere sempre meno efficace nel trasmettere effetti all’economia reale. La condizione va risolta con maggiori investimenti produttivi esogeni attivabili con la politica fiscale, come viene annunciato a livello interno ed europeo; da noi, per la loro attuazione, il risparmio sarebbe sufficiente, ma il suo impegno in questa direzione richiede che si ristabilisca fiducia nel futuro.

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