Intesa, i fondi che hanno detto no

L’assemblea di Intesa Sanpaolo che il 27 aprile scorso ha approvato fra l’altro il bilancio 2019 e la delega al consiglio all’aumento di capitale a servizio dell’ops su Ubi Banca non è stata, almeno in un punto, esattamente un plebiscito per la banca guidata da Carlo Messina (nella foto). Lo si scopre leggendo i verbali della riunione che aveva per la parte ordinaria quattro punti all’ordine del giorno, seguita dall’unico punto della delega per la parte straordinaria. I soci presenti rappresentavano il 52,2% del capitale totale e hanno approvato bilancio, destinazione utile e altri punti con maggioranze “bulgare” fra il 98% e il 99%.

Non è andata così, però, per il punto tre in scaletta che riguardava la Relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi corrisposti che ha visto un primo voto sulle Politiche di remunerazione e incentivazione 2020. Qui la percentuale di adesione è scesa all’89,5% mentre i contrari sono stati oltre il 9,1% cui si è aggiunto circa l’1% di astenuti. I soci dissidenti erano rappresentativi di oltre 838 milioni di azioni.

A chi dei grandi investitori istituzionali di Intesa non è piaciuto il piano stipendi e bonus? A molti fondi della francese Banque Postale, della compagnia assicurativa svizzera Zurich Life fra l’altro guidata dall’italiano Mario Greco che lavorò in Intesa come capo di Eurizon, ai fondi Villiers della banca Hsbc, al fondo Global Adaptive di Janus Henderson, ai fondi Fcp e a quelli del Credit Suisse.

Poco meglio ha fatto il voto successivo sull’Informativa sui compensi corrisposti nel 2019 che ha raccolto adesioni per il 94,5%, ma anche voti contrari per il 4,3% espressi da soci portatori di quasi 400 milioni di azioni.

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