Consulenti, 11 lezioni di finanza spicciola – Come funzionano blockchain e bitcoin

Prosegue rubrica in 11 episodi che vi introdurrà ai contenuti del libro “La finanza spiegata bene” del giornalista Mauro del Corno.

Qui la prima puntata.

Il secondo estratto (clicca qui per acquistare il libro completo) è parte del secondo capitolo, o prima lezione, il cui tema sono le criptovalute.

Può capitare a tutti di alzare il gomito durante una festa tra colleghi, e così lasciarsi sfuggire  qualche considerazione poco rispettosa sui pro- pri superiori. Si suppone che nessuno stia regi- strando le incaute parole (a meno che si tratti  di colleghi davvero perfidi…) e che nessuno sia incaricato di prendere appunti su quanto si sta dicendo. Insomma non esistono prove in mano a un’«autorità di controllo» ufficiale. Però tutti hanno sentito quel che è stato detto: il giudizio  negativo sul capo è stato condiviso con i parte- cipanti. La mattina seguente, sveglio e sobrio,  l’autore delle esternazioni si pente, vorrebbe non aver mai pronunciato quelle parole. A quel  punto, però, l’unica cosa che potrebbe fare sa- rebbe di recarsi da ognuno dei colleghi presenti  alla festa, modificarne la memoria convincendo- li, uno per uno, che il senso delle sue parole era  diverso. Più il numero dei partecipanti alla festa aumenta e più l’impresa diventa complicata. Esattamente la stessa logica sta alla base della  blockchain, la tecnologia che sostiene il funziona- mento di monete digitali come il bitcoin e che sta trovando applicazione in numerosi altri am- biti. Di per sé il principio dell’informazione  condivisa non è nulla di nuovo. Nell’antichità  parole pronunciate davanti a un’assemblea era- no come scolpite nella pietra, anche quando  nessuno provvedeva materialmente a scriverle.  Oggi i progressi tecnologici hanno messo a no- stra disposizione una spaventosa, e pericolosa,  capacità di registrare e accumulare dati. Que- sto permette anche di estendere il sistema della  condivisione di un’informazione su scale infini- tamente più grandi rispetto al passato. L’infor- mazione condivisa e decentrata può così essere  usata per gestire innumerevoli transazioni, senza che ci sia bisogno di un’autorità terza incaricata  di verificare e garantire l’affidabilità degli scam- bi, validati all’interno della stessa rete dei parte- cipanti. Due imprese possono per esempio effet- tuare una compravendita, magari per un valore  di decine di milioni di euro, in piena sicurezza e senza pagare commissioni a una banca.  Quando un possessore di bitcoin, chiamia- molo Mario, effettua un acquisto, trasferisce  delle monete digitali dal suo conto a quello del  venditore, chiamiamolo Pietro. Questo passag- gio di bitcoin viene comunicato a tutti i compu- ter collegati nella rete blockchain. Quindi «tut- ti» sanno che Mario ha pagato Pietro. Una volta  che l’informazione è recepita, i membri della blockchain la memorizzano e lo scambio viene approvato. Di ogni singolo bitcoin è conosciu- to ogni spostamento susseguitosi nel corso del  tempo. Si costruisce quindi una catena (chain) di passaggi, di cui si conserva traccia in questo archivio diffuso, pubblico e condiviso. Ogni passaggio aggiunge un nuovo «block», ovvero blocco, alla catena.  Tutte le informazioni vengono scambiate at- traverso l’uso della crittografia, cioè una scrittu- ra decifrabile solo attraverso un codice. Pertan- to, benché tutti sappiano tutto di ogni singolo  bitcoin, non si sa praticamente nulla di chi li  utilizza. L’identità di ogni utilizzatore è scher- mata dietro a un codice formato da una tren- tina di numeri e lettere. In fondo, se il paga- mento è reso sicuro dal sistema che lo gestisce,  chi vende qualcosa non ha bisogno di sapere nulla di chi compra. Questo ha fatto sì che le monete digitali siano particolarmente attraenti  anche per le compravendite di prodotti o ser- vizi illegali, disponibili in abbondanza sul web,  e che suscitino una certa diffidenza tra banche centrali e autorità di vigilanza.

Tratto da “La finanza spiegata bene” (GueriniNext), di Mauro Del Corno.

 

 

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